Dottor Barberis, la crisi del sistema finanziario internazionale ha avuto pesanti ripercussioni sia sull'andamento dei mercati azionari che obbligazionari. La domanda è d'obbligo: quali sono state le conseguenze sui fondi pensione?
«Occorre innanzitutto ricordare che l'andamento delle forme pensionistiche complementari, per la loro stessa natura, deve essere osservato in un orizzonte temporale di lungo termine, durante il quale i momenti di turbolenza dei mercati possono considerarsi come inevitabili. Siccome siamo consapevoli delle preoccupazioni degli iscritti, vorrei precisare che la normativa cui sono assoggettati gli investimenti dei fondi pensione è estremamente rigorosa ed ha contribuito efficacemente a prevenire pesanti ricadute negative sui portafogli. Per quanto riguarda poi la politica di investimento del Fondo Pensione Aperto Carige, posso assicurare che i nostri gestori, dipendenti di Banca Carige anch'essi aderenti al fondo, adottano una strategia finalizzata al raggiungimento del miglior risultato senza perdere mai di vista la protezione del patrimonio soprattutto nei periodi di crisi dei mercati finanziari».
Quindi gli aderenti ad un fondo pensione possono stare tranquilli?
«Naturalmente. È chiaro che investendo sui mercati non possiamo eliminare completamente le oscillazioni nei valori ma facciamo tutto il possibile per attenuare al massimo le variazioni al ribasso. In ogni caso è da tenere presente che chi aderisce a un fondo pensione lo fa con l'intenzione di crearsi una rendita complementare per il giorno, spesso lontano, in cui andrà in pensione. Si tratta quindi di un investimento che va visto in un'ottica temporale a lungo termine. Non bisogna guardare all'immediato ma avere pazienza e valutare i risultati nel corso degli anni. Ovviamente per vedere i risultati nel lungo periodo bisogna essere giovani. La previdenza integrativa è nata per aiutare i giovani che sono maggiormente coinvolti nelle riforme attuate sulle pensioni pubbliche. La base dell'attuale sistema è, come noto, la riforma Dini del 1995, che ha rivoluzionato il sistema pensionistico italiano e trasformato il sistema di calcolo da retributivo in contributivo. Ciò significa che le pensioni non saranno più calcolate in percentuale sulla retribuzione percepita ma sui contributi effettivamente versati. Se poi aggiungiamo anche gli effetti delle ultime riforme, va da sé che i giovani andranno in pensione sempre più tardi e con rendite sempre più basse».
Cosa si può fare allora?
«Io direi cosa avremmo dovuto fare. La riforma Dini, come dicevo, è del 95 quindi se non ne avessimo sottovalutato gli effetti e ci avessimo pensato prima, i nostri ragazzi sarebbero iscritti alla previdenza complementare già da qualche anno. Il mondo è cambiato, dobbiamo prenderne atto e insegnare ai giovani che devono pensare al loro futuro previdenziale. Questo possiamo farlo solo noi.
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