Libera nei costumi sessuali, libera dalle convenzioni sociali e soprattutto capace di andare  incontro al proprio destino senza timori, pronta a pagare con la vita le conseguenze, quali esse  possano essere, delle proprie scelte. Insomma Carmen. Insomma Don Giovanni. Due personaggi  straordinariamente simili, entrambi capaci di creare scandalo. Anzi, visto che si tratta di  un'opera francese, di «épater le bourgeois», stupire i benpensanti.
 Don Giovanni è un vero mascalzone. Seduce donna Elvira promettendole il matrimonio e dopo tre  giorni di sesso se la squaglia. Poi tenta di violentare donna Anna e le ammazza il padre accorso  in suo aiuto. Quindi tenta di violentare Zerlina e dà la colpa al suo servo, esponendolo a una  severa punizione. Travestito da Leporello cerca di portarsi a letto una sua amica specificando  che se fosse stata sua moglie sarebbe stato più divertente. Tutte azioni spregevoli, anche se  compiute in maniera «innocente». Lui non vuole il male di nessuno, semplicemente gli piace  godere della vita e dell'amore senza avere ostacoli. Se li incontra se ne sbarazza. Da un simile  personaggio poi ti aspetteresti un atteggiamento tremebondo di fronte al padre di Anna venuto a  chiedergli di pentirsi. «A torto di viltate tacciato mai sarò» e si fa trascinare all'inferno  pur di non rinnegare la propria vita dissoluta. E, diciamolo, un pochino si vede l'affetto di  Mozart per un simile - cattivo - soggetto. È il protagonista, il sole che illumina tutti i  personaggi che - morto lui - tornano nell'ombra e nell'anonimato da cui in qualche modo don  Giovanni li aveva tratti fuori.
 Carmen, le cui repliche alla Scala sono terminate in questi giorni, non è poi tanto meglio del  protagonista del dramma mozartiano. Sanguigna, sfregia una sigaraia che la prende in giro,  convince il brigadiere don José e liberarla, incurante di metterlo poi nei guai. Ben sapendo che  poi lo «ripagherà» offrendogli sesso come nemmeno si sarebbe mai sognato. Sempre con la massima  innocenza e soprattutto libertà. Quando al termine del secondo atto Escamillo entra nell'osteria  di Lillas Pastia e inizia a corteggiarla lei non si fa minimamente irrettire dal fascino del più  grande torero di Spagna: lei ha in mente il suo don José e chissenefrega del matador. Conclude  cantando un inno alla libertà, proprio come don Giovanni. Come l'eroe mozartiano compie tutta la  sua parabola all'insegna della libertà, la vita sui monti con i contrabbandieri infrangendo la  legge. Poi, stanca dell'ormai ex brigadiere, approfitta della sua assenza (è tornato a casa in  Navarra per visitare la madre morente) per raggiungere Escamillo. E proprio davanti alla plaza  de toros viene raggiunta da don José armato di coltello. In una scena straordinariamente simile  a quella del dramma di Tirso da Molina, viene posta di fronte a un bivio: accettare  un'imposizione, tornare con il noioso don José, o morire. Don Giovanni pentirsi o morire. E  anche lei in un ipotetico afflato con il cavaliere spagnolo risponde una sorta «a torto di  viltade...». Quindi affronta impavida il suo destino, sapendo che la sua libertà non ha prezzo.  Nemmeno quello della sua vita. Si fa consapevolmente accoltellare e cade senza un fremito di  pentimento.
Carmen, una «don Giovanni in gonnella» sacrifica la sua vita alla libertà
Come il personaggio mozartiano, quando vede don Josè con lo sguardo folle capisce di essere davanti a un bivio, proprio con il personaggio mozartiano. Lui doveva pentirsi o morire, lei invece tornare con il l'ormai noioso ex brigadiere o morire. Ed entrambi, in nome della libertà, preferiscono la morte
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