Riccardo Signori
Cè modo e modo per entrare nella storia del ring. Nikolai Valuev, lo yeti della Siberia, ci è entrato innanzitutto per le sue misure: 147 kg per 213 centimetri. Luomo più grande e più grosso che mai abbia posseduto una cintura di campione del mondo. Non era così dimensionato Primo Carnera (m. 1,97 x 120 kg) e nemmeno Vitali Klitschko (m. 2,01 x 113 kg), il campione ucraino che ha rappresentato lultimo esempio di bestione (tecnicamente valido) da ring. Laltra sera a Berlino Valuev, King Kong di San Pietroburgo, 32 anni, ribattezzato dagli americani The beast from the east (la bestia che viene dallest), ha conquistato la cintura di campione del mondo dei massimi per la versione Wba, una delle sigle nobili della boxe. Lha conquistata battendo ai punti (con verdetto contrastato) John Ruiz, portoricano che aveva allattivo nove match mondiali contro gente anche di nome ma, come tutti i campioni di questa epoca, niente più che un cenerentolo. Dunque un cenerentolo tira laltro e chissà come si saranno immalinconiti gli occhi di Muhammad Alì che sedeva a bordo ring, per seguire da vicino Laila, la figliola impegnata in un match facilmente vinto.
Alì ormai non parla più. Ma gli occhi non possono essere ingannati. E quel colosso sul quadrato lavrà fatto ripensare ai bisonti della sua generazione: da George Foreman a Ken Norton e Larry Holmes. Per non parlare di altri tempi quando imperava Jack Johnson, fino a spingerci ai tempi nostri con Lennox Lewis. Altra stoffa, altra pelle. Tutti neri, mentre Valuev riesuma la storia bianca dei pesi massimi, quella che ha glorificato e talvolta incoronato veri armadi del ring.
Il Carnera della Siberia spedisce in seconda linea il nostro Carnera, in quanto a dimensioni, ma non nella tecnica. Valuev, che si agita nella boxe professionistica dal 1993, ma ha tentato fortuna anche nel basket e in altri sport, non è un mostro di rozza qualità, ma certamente uno scolaretto: lento, facilmente inquadrabile da chi riesca a non farsi opprimere dalla sua dimensione, ha un allungo enorme, pugno pesante (ma non quanto vorrebbe la stazza) come ha scoperto Paolo Vidoz al quale il russo ha rotto una mascella, mandandolo a casa al nono round. Carnera era più pugile, più evoluto di quanto la storia abbia tramandato: sapeva colpire preciso, mettere lavversario in difficoltà anche con la tecnica, aveva coraggio. Che poi molti avversari fossero fasulli e qualche successo combinato, è unaltra storia. E se Carnera era figlio della sua italianità, che sul ring faceva successo anche negli Stati Uniti, Valuev è figlio del business moderno, che non ha campioni e cerca pugili da baraccone.
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