«Caro-carburanti: anche Regione e Comune possono far scendere il prezzo al consumo»

I prezzi dei carburanti sembrano segnati da una inesauribile ascesa che sta mettendo a dura prova le tasche dei consumatori. Ne parliamo con Cesare Cursi, presidente della commissione Industria del Senato, che ha avviato un’indagine conoscitiva parlamentare sulla dinamica dei prezzi dei carburanti e che propone un ruolo più attivo degli enti locali sulle scelte che possono influenzare i prezzi al consumo.
Senatore Cursi, l’indagine parlamentare da lei promossa sembra escludere i fenomeni speculativi...
«Siamo partiti dalla convinzione che qualcuno o qualcosa tramasse chissà quale disegno per speculare sul rialzo o sul ribasso del greggio a livello internazionale. Nel corso delle numerose audizioni svolte ci siamo resi invece conto che il caro-carburanti è ben più oggettivo, anche se alcuni prodotti finanziari di tipo speculativo, vedi i “future”, giocano un ruolo dannoso che andrebbe regolato.
A livello locale, Regione e Comune che possono fare per tutelare gli utenti?
«Le amministrazioni locali possono influenzare le politiche commerciali delle future stazioni di servizio, stabilendo orari e modalità di funzionamento dei singoli impianti di vendita. Si potrebbero liberalizzare completamente gli orari di apertura dei distributori e l’attività di vendita “non oil”, riferita ad alimenti e bevande, tabacchi, giornali».
Un obiettivo non facile con l’attuale burocrazia regionale e locale.
«È questa la scommessa da vincere. Sono sicuro che la Regione Lazio e i comuni, a partire da quello di Roma, daranno piena applicazione a quanto previsto dal decreto di attuazione in Italia della direttiva europea Bolkestein sui servizi che si pone come strumento-quadro per facilitare la circolazione dei servizi all’interno dell’Ue. Solo così saremo in grado di vincere in parte la sfida del “caro carburante”».
Quindi lei ritiene che per combattere il caro-prezzi serva una riorganizzazione della rete di vendita in base alle nuove regole degli enti locali?
«È fondamentale, direi. In primo luogo va ridotto il numero degli impianti esistenti sul territorio regionale, favorendone la chiusura o l’accorpamento con una politica di incentivi economici e di ammortizzatori sociali. Inoltre, sarebbe opportuno estendere il più possibile i self-services e facilitare l’apertura di distributori senza gestori, come in uso negli altri Paesi».
Qualche esempio?
«Da noi i self service non superano il 30 per cento, in Europa sono vicini al 90 e questo incide di più di un centesimo al litro sul prezzo alla pompa. Abbiamo 25mila punti vendita contro i 13mila della Francia e i 15mila della Germania: un dato che limita fortemente l’erogato medio annuale di ciascun punto vendita e che incide di un altro centesimo (e più) al litro sul prezzo finale. Altra voce rilevante è la carenza della componente “non oil”, presente in Italia in circa il 12% della rete di vendita contro il 97% della Germania. Ques’ultima carenza incide ancora di più sul prezzo che paghiamo».
Troppi squilibri rispetto al resto dell’Europa?
«È qui il problema, ed è qui che il ruolo degli enti locali diventa di fondamentale interesse.

Il prezzo del carburante da tempo si colloca in fondo alla graduatoria dei Paesi dell’Ue, con uno “stacco” medio al rialzo pari a circa + 3,5 centesimi al litro. E questo è in gran parte addebitabile alla inidoneità della nostra rete di vendita».

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