Caro direttore, licenziami io di gatti non ne mastico

Caro direttore, non capisco perché ti ostini ad avvalerti della collaborazione di un cretino, proprietario di gatti, ignorante e crudele.
Chi è lo spregevole figuro? Inutile fingere, tanto, prima o poi un’intercettazione telefonica mi frega e lo vieni a sapere. Sono io.
Chi mi accusa? Tal Beppe Bigazzi di cui ignoro se tu abbia contezza, ma pare essere famoso gastronomo, uso a frequentare gli studi di viale Mazzini, dispensando a fauci golose le ricette di manicaretti succulenti. Tra questi il gatto in tecia, piatto che sopperiva talvolta alla mancanza di proteine più nobili, quando la fame era nera, ma della cui fragranza il Nostro pare aver tuttora brama.
Nell’intervista rilasciata al nostro ottimo Nino Materi, pubblicata domenica, l’ex gourmet di viale Mazzini, si premura di spiegare che lui ama parlare con chi è intelligente e non con i cretini. Monsieur de Lapalisse avrebbe fatto di meglio.
Ma chi sono questi cretini? Io, per esempio, perché non ho capito che il suo elogio del gatto in padella non era altro che la rievocazione di un fatto storico.
È noto infatti, rispiega il Bigazzi nell’intervista, che settanta anni fa, quando non c’era niente da mangiare e i crampi allo stomaco mordevano di brutto, le famiglie contadine non facevano molta differenza tra l’anatomia di un coniglio e quella di un gatto. Sottigliezze zoologiche, di cui si strafrega la pancia che mormora prosaicamente di avere una fame da lupo. Peccato che lo chef de «La prova del Cuoco», non abbia semplicemente detto a un’esterrefatta conduttrice, e al pubblico televisivo, che un tempo si mangiavano anche i gatti, ma ne abbia decantato la «delizia», arrivando a fornire le istruzioni per l’uso: «Tre giorni nell’acqua corrente... le carnine bianche... eh, ti assicuro, quante volte l’ho mangiato», ha chiuso con un’evidente malinconia per averlo potuto fare solo tanto tempo fa (o forse per doverlo fare oggi di nascosto?).
Eh, lo so, caro Bigazzi, purtroppo i tempi cambiano. In Francia non va più di moda la ghigliottina, Torquemada ha smesso da un po’ di esercitare in Spagna e in Italia oggi votano anche le donne. Porta pazienza!
Non soddisfatto della performance televisiva, Bigazzi esterna, nell’intervista, idee antropozoologiche d’avanguardia. I proprietari di gatti sono persone crudeli: pensate che li castrano, gli danno da mangiare le crocchette e non li lasciano liberi, come un animale selvatico deve essere. In Italia abbiamo la piaga sociale del randagismo, dei canili e gattili lager, delle colonie feline torturate dai bulli di quartiere e Bigazzi inneggia ai gatti e ai cani liberi di accoppiarsi e partorire per strada e nei campi.
«Ma non avete letto Lorenz?». Sì, Bigazzi, non solo ho letto il vecchio Konrad Lorenz, ma ho avuto il piacere di conoscerlo e se ho un libro che non vendo neanche con la pistola alla tempia è L’altra faccia dello specchio con la sua dedica. Ovviamente a Lorenz non sarebbe passato neanche per l’anticamera del cervello di mostrarsi contrario alla limitazione della sessualità e delle nascite negli animali domestici d’affezione.
La sterilizzazione infatti, con buona pace di chi pensa il contrario, non intacca il cervello e non provoca la depressione a chi non può più «trombare» (pardon per il francesismo).

Gli evita solo una vita di continue sofferenze, traumi, lotte belluine e soprattutto di mettere al mondo milioni di cuccioli destinati a canili, vivisezione, combattimenti clandestini e altre genialate di cui la mente umana è un fervido utero in continua attività.
Bene, direttore, se domani mi arriva il benservito ti capisco: cretino, crudele e ignorante. Puoi sempre assumere Bigazzi che, almeno di gatti, ne «mastica» sicuramente più di me.

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