Difficile capire se Filippo Penati pensa al ballottaggio a Milano o se è già andato oltre e verso sud, puntando diritto a Roma. Quel che è certo è che i suoi avversari principali oggi sembrano i compagni di partito. «Non si vince con le politiche dei palazzi e dei salotti» ruggisce nella gabbia di palazzo Isimbardi il presidente uscente della Provincia, di cui l’establishment del Pd diffida da sempre, tanto da avergli impedito qualsiasi tentativo di affacciarsi sulla scena nazionale. Ma adesso, forte del ballottaggio agguantato per un soffio, Penati ne approfitta per sparare contro i vertici del Pd, ritenuti responsabili della disfatta elettorale in Lombardia e non solo. Attacca frontalmente il segretario: «Né a Dario Franceschini né a nessun altro sarà consentito di non ascoltare e di ignorare le istanze che arrivano dal territorio: non si vince con le politiche dei palazzi e dei salotti».
Ribadisce che il Nord è trascurato nella politica del Partito democratico: «C’è un tema che riguarda il centrosinistra in Lombardia e nel Nord in generale che deve essere affrontato, si tratta della questione settentrionale. È il ritardo su questi temi che porta al risultato di oggi». Una critica anche allo stile della campagna elettorale, oltre che una risposta a tutti coloro che a sinistra lo accusano di avere posizioni destrorse: «Quando parlavo di sicurezza, di protezione, del problema dei troppi immigrati clandestini, mi si liquidava come leghista di sinistra; io non sono un leghista di sinistra ma semplicemente uno che parla con i cittadini». E ancora: «C’è bisogno di una profonda riflessione, c’è bisogno di ripartire da un’analisi dei territori. Noi qui non abbiamo mai sottovalutato questo aspetto: dare sostanza ai problemi concreti».
Penati attacca anche il candidato del Pdl, Guido Podestà, minacciando di denunciarlo se non accetterà il confronto con lui durante queste due settimane di campagna prima del ballottaggio: «Podestà a Telelombardia ha detto che l’Authority delle comunicazioni mi ha condannato per aver usato 640mila euro di soldi pubblici per la campagna: è un’affermazione gravissima, falsa e diffamatoria. Visto che non amo le carte bollate, invito Podestà a tornare in televisione e a fare le stesse affermazioni in mia presenza. Facciamo che siano i cittadini il tribunale che giudica chi mente e chi dice la verità. Altrimenti sarò costretto a querelarlo».
Ma i veri problemi di Penati riguardano i moltissimi voti che gli mancano all’appello. Il distacco dall’avversario è molto forte, Podestà viaggia dieci punti al di sopra e potrà contare anche sui voti della Lega, garantiti dall’accordo tra Umberto Bossi e Silvio Berlusconi. Spiega Matteo Salvini, leader milanese del Carroccio: «Ho già spedito 5mila sms agli iscritti per mobilitarli al ballottaggio».
Penati punta ai voti di Enrico Marcora dell’Udc, Massimo Gatti di Rifondazione e sinistra radicale, Elisabetta Fatuzzo dei Pensionati. «Un otto per cento di voto rimasto orfano» osserva. Le decisioni di Marcora e Gatti sono attese per oggi ma Udc e Rifondazione sono «incompatibili», come ha già detto Marcora.
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