Caro direttore,
mi permetta qualche riga per rispondere allintervento di Antonio Scurati pubblicato ieri sul suo Giornale. Caro Antonio, voglio essere sincera così come lo sei stato tu ieri, scusandoti pubblicamente di fronte alla «grave mancanza» che incombe sulla prima edizione della tua officina letteraria. Non mi hai convinto: e non solo perché chiami in causa «disguidi e dimenticanze», come a mitigare la colpa originaria, quella di una tua presunta misoginia.
Mi sarebbe forse piaciuta di più lammissione, anche larvata, che dietro ogni misoginia, così come ogni antisemitismo, cè un grano di fobia. A titolo di parziale rimedio, infatti, ci informi che ledizione dellanno prossimo sarà «eventualmente» dedicata «al secondo e terzo sesso».
La notizia non mi consola. Nemmeno mi intriga. Per me, laltra metà del cielo siete voi. Tutto è relativo, ma sino a un certo punto: il secondo sesso non fa per me. Parliamoci chiaro: o è nato prima luovo o è nata prima la gallina. A metterla in termini agonistici (e siamo in tema, mi pare) sono entrambi farina del sacco nostro. Ma questo è un vizio di pura forma.
Il punto, invece, è un altro. E cioè che a noi donne di fare della letteratura un certamen importa poco o niente. Per noi, la letteratura non è un ring: né da lettrici né quando ci confrontiamo con la pagina bianca. È un fastello, forse indescrivibile, di altre cose: sete. Desiderio. Divertimento. Nostalgia. Necessità fisica come e più di quando fai lamore. Slancio materno. Bisogno sfrenato di immedesimarti. Di raccontarti attraverso gli altri. Mettersi nei panni del prossimo, come dice Amos Oz.
Ma agone, quello proprio no. Sarà per questo, che non ci hai chiamate nella tua officina. Spinto, tu che vieni dal primo sesso, da un impulso di sensibilità quasi femminea. Anzi, con un gesto cavalleresco daltri tempi, come un vero gentiluomo. Fra parentesi, e a proposito di sesso. Ho anche io una specie di presentimento. E cioè che oltre il secondo e oltre il terzo, cioè oltre il transgender, stia acquattato un quarto sesso.
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