Le carogne, il miglior regalo sotto l'albero

Non si possono trasformare in romanzo le feste senza un cattivo come si deve

Le carogne, il miglior regalo sotto l'albero

Natale non fa cinema né letteratura se non ci si mette un po' di cinismo. Certo: il cinismo deve perdere la partita, sconfitto sul colpo, proprio sotto l'albero; ma alla fine, diciamolo, il protagonista di ogni narrazione che segua la rotta della stella cometa da lì deve partire, dal cattivo che odia e detesta il Natale.

Il grande maestro di questa lezione, l'inventore dell'archetipo, ovviamente è lui: Charles Dickens (1812-1870), con il suo A Christmas Carol del 1843. Al centro della narrazione Ebenezer Scrooge, ricco banchiere che è la negazione di tutto ciò che il Natale dovrebbe incarnare. Non solo Scrooge vuole restare in compagnia solo della sua cassaforte. Ma rende addirittura difficile ai suoi impiegati tornare a casa, in orario decente, persino nelle festività. Ovviamente il «cattivo» Scrooge, che comunque ha subìto le sue vessazioni, come farà scoprire al lettore il Fantasma del Natale passato, alla fine farà ammenda e riscoprirà non tanto il senso della festività in sé, quanto il senso degli altri, e della solidarietà. Dickens questo canovaccio, intessendolo da par suo in trame meravigliose e diverse, l'ha utilizzato in moltissimi dei suoi racconti a tema natalizio. Tanto che Robert Louis Stevenson diceva: «Io ne ho letti due, e ho pianto come un bambino, ho fatto uno sforzo impossibile per smettere. Quanto è vero Dio, sono tanto belli, e mi sento così bene dopo averli letti. Voglio uscire a fare del bene a qualcuno...».

Senza addentrarsi troppo nella critica testuale (c'è chi ha speso molte pagine per estendere il retroterra culturale di A Christmas Carol sino alle sacre rappresentazioni medievali), limitiamoci a due considerazioni. La prima è che evidentemente la lotta tra odiatori ed amanti del Natale data almeno al 1843. La seconda è che il modello dickensiano ha prodotto una scia di epigoni che spaziano in quasi tutti i campi della creatività. Basti pensare a The Greatest Gift dello scrittore americano Philip Van Doren Stern (1900-84). Scritto così, il titolo non vi dice gran che. Ma la versione cinematografica è La vita è meravigliosa, pellicola del 1946 di Frank Capra. Il protagonista in questo caso non è uno Scrooge. Lo Scrooge, il cattivone, è sullo sfondo e si chiama Henry F. Potter. In primo piano invece c'è un novello Giobbe: George Bailey. Un uomo che ha fatto del bene tutta la vita si ritrova, proprio sull'orlo del Natale, a non poterne più e a volersi ammazzare. A salvarlo, non tanto dalla morte, quanto dall'odio verso se stesso e verso tutti, è un angelo di seconda classe, senza ali. E lo farà - tanto per cambiare - mostrandogli un mondo «parallelo» senza la sua bontà. Il testo e la pellicola si muovono in una dimensione più moderna di quella di Dickens e il focus si sposta sulla difficoltà di essere giusti. E questa difficoltà è l'essenza del film, molto più che il «miracolo finale».

E se quello di Capra è un capolavoro e quindi sui generis, il tema della conversione natalizia, figlia dell'idea di Dickens arriva sino ai giorni nostri, declinata anche in versioni molto più scollacciate come nel film con Billy Bob Thornton Babbo Bastardo del 2003, con uno dei babbi natali più cattivi di sempre che però ha un suo (perverso) percorso di redenzione. Sulla stessa linea è il personaggio dei fumetti noto come il Grinch, poi approdato sul grande schermo per l'interpretazione di Jim Carrey nel 2000.

Ma anche l'Italia nel suo piccolo, anzi nel suo grande, vanta qualche classico della dicotomia cattiveria/bontà che rende letterariamente interessante il Natale. Basta pensare a uno dei racconti di quella raccolta capolavoro che è La boutique del mistero di Dino Buzzati. Si intitola proprio Racconto di Natale è ha il candore maligno di una novella medievale. Al centro della vicenda c'è l'assai poco consumista don Valentino. Contento perché il suo arcivescovo, sant'uomo, tutti i Natali vede la cattedrale riempirsi del calore di Dio - «Fa così caldo che le vecchie bisce bianche si risvegliano nei sepolcri degli storici abati» - e se lo gode pregando solo. Ecco però che di quella bontà don Valentino si erge a custode geloso, cacciando un povero che vorrebbe approfittare di quel tepore divino... Non finirà bene per il povero pretino, il quale pretende di decidere a chi appartenga la luce di Dio (il più pernicioso dei peccati).

Il «come» non ve lo diciamo ovviamente (dài, regalatevelo un Buzzati per Natale se non l'avete già).

Però, alla fine, la verità è che non ci interessano i buoni. Ci interessano i cattivi che diventano buoni. Forse perché speriamo tocchi anche a noi. Sarebbe una favola.

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