Carri e aeroplani, il mondo di De Pasquale

Carri e aeroplani, il mondo di De Pasquale

«Appassionato di terra e di guerra», Mariano De Pasquale colleziona (ed espone nel Museo di Piana delle Orme), trattori e carri armati, macchine agricole e aeroplani, escavatori e mezzi d’assalto, aratri e armi da fuoco. A centinaia. Da quarant’anni, svuota magazzini, recupera relitti dal fondo del mare, setaccia sfasciacarrozze e aeroporti, raccogliendo veicoli agricoli, civili, industriali, militari e, perfino, aerei. Li ripulisce dal fango e dalla ruggine. Li smonta. Li ripara. Li rimette a nuovo. Spesso con le sue mani. Un’impresa unica al mondo, quella compiuta da questo imprenditore siciliano trapiantato nell’Agro Pontino. E una collezione da Guinness dei primati, la sua. Che ha esposto dentro 11 padiglioni a Borgo Faiti, vicino Latina (al km 43,5 della via Migliara), su una superficie di 17 ettari. Che fanno del museo di Mariano il più grande d’Europa.
La collezione è divisa in due metà simmetriche, a rispecchiare la duplice passione di quello che è uno dei primi esportatori di fiori in Europa. A destra, le gloriose macchine da guerra d’epoca (vedi articolo a fianco). A sinistra, migliaia di macchine operatrici, aratri (tra cui quello con cui Mussolini solcò il perimetro di Aprilia), carretti, centinaia di macchine utensili e motori fissi dell’Ottocento e dei primi del Novecento, e più di 350 trattori, perfettamente funzionanti, alcuni dei quali veri e propri capisaldi nella storia della meccanizzazione agricola, come il «John Deere mod. D» e il «Fordson N» 1918. Di forte impatto i padiglioni sulla Bonifica Pontina e sui Mezzi agricoli d’epoca, con scenari e «teatri di operazione» così realistici da far avvertire l’odore del fieno e del cuoio, mentre l’acqua scroscia e il mulino gira. Una raccolta, quindi, agli antipodi del clima asettico dei musei tradizionali, con vetrate blindate e divieti di toccare. Piana delle Orme è, letteralmente, un museo «vivo». Qui, la Storia ha un odore: quello delle capanne di legno dell’Agro, coperte di «stramma» (l’erba palustre). Di cuoio e pellami. Delle olive nella macina e del vino nelle botti.

La ricostruzione dello scavo dei canali, ad esempio, è di un verismo impressionante: un’autentica motrice, in perfetto stato, su binari a scartamento ridotto, trascina carrelli decauville, accanto a un escavatore «Priestman» che sembra essere stato appena spento. E sempre pronta a rimettersi in moto è la trebbiatrice Orso, su cui il Duce, a torso nudo, contornato da belle ragazze, lavorava il primo grano delle «città nuove».

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