Henri Cartier-Bresson era uomo di genio. E come gli uomini di genio era dotato di molti talenti; era poliedrico, intuitivo (uno che si teneva alla larga dalle algide accademie e da una visione del mondo preconfezionata) e spaziava dalla fotografia alla pittura e alla regia con uguale passione e impegno. Un talento che si è espresso anche nella scrittura, come testimonia il volume Limmaginario dal vero (Abscontita, pagg. 100, euro 11), in uscita in questi giorni, in grado di cogliere fino in fondo lanima di questo grandissimo fotografo che ha segnato unepoca.
Il libro raccoglie una serie di scritti con tanto di foto e disegni; il classico livre de chevet a cui si torna e ritorna più volte, scoprendo sempre qualcosa di nuovo. Sono impressioni, schizzi, aneddoti, appunti veloci, riflessioni su di sé e sul mestiere di fotografo, questultime fonte dispirazione per chi vede nellartista un punto di riferimento e un maestro; sono intuizioni fulminanti, emozioni, ritratti di amici e incisivi reportage, tutto trasportato su carta con inchiostro di china; espressioni verbali e figurate che dello scatto hanno lo stesso vigore e la stessa intensità descrittiva, ma non il senso assoluto: se infatti lattimo fuggente diventa un assunto inequivocabile in una foto, nel disegno o nella parola scritta tutto assume contorni più fluidi e soggettivi (modificabili-trasformabili). «Tornare al disegno, come ha fatto Henri Cartier-Bresson in questi ultimi anni - annota Gérard Macé nella prefazione - vuole dire rompere lo specchio, cioè accettare gli errori del mondo e la nostra imperfezione». «La fotografia - spiega a sua volta Cartier-Bresson - è per me limpulso spontaneo di unattenzione visiva perpetua che capta listante e la sua eternità. Il disegno, per la sua grafologia, elabora quello che la nostra coscienza ha colto di quellistante. La fotografia è unazione immediata, il disegno una meditazione».
Sfilano così, in modo arruffato e accattivante, frammenti di memorie, annotazioni sullarte della fotografia, incontri con personaggi di spicco, tra i quali Jean Renoir o André Breton, e osservazioni varie, in una sorta di traversata aforistica esistenziale. E si rivela densa e movimentata la vita di questo infaticabile artista, sintetizzata nelle note biografiche in coda al libro. Nato nel 1908 a Chanteloup, in Francia, da una famiglia di industriali tessili, fin da piccolo Henri ha respirato «lodore magico della pittura» nello studio dello zio pittore. Una giovinezza, la sua, trascorsa a studiare a Parigi, con una predilezione per Rimbaud, Proust e Joyce; anni in cui ha incontrato personaggi di spicco come Max Jacob e Max Ernst; e poi le prime foto in Costa dAvorio; i viaggi alla scoperta dellEuropa e del Messico; il periodo a New York nellambiente bohème e il quartiere nero di Harlem; e di nuovo a Parigi, i lavori come regista (in Spagna gira il documentario Victoire de la vie sugli ospedali della Repubblica spagnola durante la guerra civile); arriva anche il tempo per i matrimoni, un paio, prima con Ratna Mohini, ballerina indonesiana, e in seguito con la fotografa Martine Franck.
Luomo armato soltanto della sua Leica, la leggera e maneggevole macchina fotografica che si è adattata in modo organico al suo occhio, vive anche il brivido della detenzione e della fuga: viene fatto prigioniero dai tedeschi e deportato in un campo di lavoro nella Foresta Nera; e ancora resiste nella Resistenza, fotografa la Liberazione di Parigi, gira documentari, organizza mostre in giro per il mondo che fanno sempre di più brillare il suo nome. Infine il grande passo, la mitica Magnum Photos, diventata in breve la più importante agenzia fotografica del pianeta, fondata con una serie di amici, tra i quali Bob, il leggendario Robert Capa («Capa lo vedo nellabito di luce di un grande torero che non uccide; gran giocatore, si batteva generosamente per sé e per gli altri sempre nel turbine. Fatalità ha voluto che fosse colpito al sommo della gloria»).
Henri Cartier-Bresson trascorre lunghi periodi in Oriente, lIndia diventa la sua casa e il buddhismo una filosofia da osservare; la Cina da esplorare, Cuba da raccontare. È il primo fotografo ammesso in Urss dopo la morte di Stalin. Ma ad un certo punto decide di ritornare al disegno, suo antico amore, incoraggiato da Tériade, Jean Renoir e Saul Steinberg. E poi ancora viaggi, prestigio, onori e glorie.
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