Alberto Pasolini Zanelli
da Washington
Neanche la vigilia di Natale ferma Bush. Giorno dopo giorno, il presidente martella la difesa della sua conduzione della «guerra al terrore». Lultimo intervento, ieri sera, era centrato sul tema più fresco di polemica, le intercettazioni telefoniche che il capo dellesecutivo ha ribadito di considerare perfettamente legittime: la sicurezza del Paese deve prevalere sul diritto alla privacy dei cittadini. Un appello, il suo, che sembra portare frutti nellopinione pubblica, ma non in Congresso dove anzi Bush è costretto sulla difensiva e ha incassato negli ultimi giorni duri colpi: non è riuscito a ottenere il prolungamento del Patriot Act, la legge di emergenza approvata allunanimità allindomani dell11 settembre, ma ora sempre più criticata e sospettata di essere incostituzionale. Non è passata neanche una sostanziale modifica, e si è dovuto ripiegare su un «armistizio»: sei mesi di proroga provvisoria per il Senato, ridotta il giorno dopo ad appena cinque settimane dalla Camera.
In entrambi i rami del Congresso le richieste presidenziali sono state bloccate non dallopposizione democratica, bensì dall«ammutinamento» di un certo numero di parlamentari repubblicani appartenenti allala più conservatrice del partito di Bush. Quattro senatori, per esempio, hanno dato una mano ai democratici nellostruzionismo contro il Patriot Act. Le «pagelle» dellAmerican Conservative Union li promuovono a pieni voti: 72% per Murkowski dellAlaska, 85% per Hagel del Nebraska, 94% per Craig dellIdaho, 95% per Sununu del New Hampshire. Questultimo è stato il più esplicito nella critica allAmministrazione, giungendo a recitare in aula la famosa massima del Padre Fondatore Benjamin Franklin: «Coloro che sono disposti a rinunciare a delle libertà fondamentali per acquisire della sicurezza in più non meritano né la libertà né la sicurezza».
Un altro senatore repubblicano, John McCain, ha iniziato e condotto la campagna per mettere al bando la tortura, prima trascinando il Senato ad approvarla con 90 voti contro 9 e poi piegando la resistenza della Casa Bianca che si traduceva anche nella minaccia del vicepresidente Cheney di ricorrere al veto, ritirata solo dopo un incontro a quattrocchi tra McCain e Bush. Nella sinistra democratica cè addirittura chi comincia a parlare, a questo proposito, di un procedimento di impeachment del presidente. Si tratta naturalmente di fuochi dartificio senza prospettive.
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