Casalinghe e medici, così la fiction ha cambiato la tv

Ha sbaragliato i reality show, ha ereditato il testimone dei gloriosi sceneggiati, ha scardinato la monotonia dei palinsesti diventando quasi un nuovo genere narrativo televisivo. Il fenomeno del primo decennio della tivù anni Duemila è la fiction. Finzione, certo, ma talmente reale da suscitare immedesimazione, fantasie, illusioni, batticuore. Come un romanzo da sfogliare puntata dopo puntata. E adesso è tempo di scegliere quella che più ha dato una svolta alle nostre serate, come invita a fare il sondaggio indetto dal sito internet Tvblog.
Dieci anni della nostra vita raccontati attraverso le frustrazioni delle casalinghe di Desperate Housewives, le paure e i sensi di colpa degli involontari Robinson Crusoe di Lost, la filosofia scorbutica del Dr. House, i rapporti intergenerazioni di Una mamma per amico e quelli sentimentali di Grey's anatomy e Scrubs-Medici ai primi ferri, più difficili da risolvere di alcune complicanze postoperatorie. Tra queste serie televisive arrivate in finale, chi sino a dopodomani si «sintonizzerà» sul sito internet www.tvblog.it potrà scegliere la sua preferita.
Sembra ieri invece era il 2004 quando andò in onda sulla Abc la prima puntata di Desperate Housewives, storia di quattro casalinghe disperate che combattono le loro battaglie domestiche sullo sfondo di segreti a volte impietosi che sconvolgono l'apparente tranquillità di una ricca periferia americana. La serie, arrivata alla sesta stagione e trasmessa in Italia nel 2005 prima da FoxLife poi da Raidue, divenne subito un cult, al punto che persino l’ex first lady Barbara Bush in una cena di gala sbottò: «Alle nove di sera George Bush, l'uomo più potente del mondo, è già a letto a dormire. E a me non rimane che vedere in tivù Desperate Housewives, sentendomi anch’io, come milioni di donne, una casalinga disperata».
Immedesimazione allo stato puro. Come milioni di altri telespettatori fanno con fiction di generi e nuance differenti. Comprese quelle che, forse, aiutano ad esorcizzare il dolore e la paura della morte oppure illudono di non aver mai smesso di giocare con L’allegro chirurgo. Altrimenti come si spiegherebbe che su sei fiction finaliste tre sono ambientate tra le corsie di un ospedale? Che siano quelle del Princeton Plainsboro Teaching Hospital dove dal 2004 negli Stati Uniti e dall’anno seguente su Italia 1 si aggira il burbero e misantropo Dr. House, dispensando anche pillole di saggezza e verità filosofiche, del tipo «I pazienti pretendono la garanzia della guarigione, ma noi non facciamo automobili, non diamo la garanzia», oppure «Chi non sa è felice». Frasi che scandite durante le sei serie (da noi il Dr. House-Medical Division numero sei debutterà il 14 gennaio sempre su Italia 1) continuano a far battere forte il cuore dell’Auditel. E anche dei milioni di fans che ormai sanno tutto di Vicodin e di quadricipiti femorali, di ketamina e di nefrologia. Tutt’altra atmosfera quella che aleggia da sei anni tra i reparti dell’immaginario Seattle Grace Hospital in Grey's Anatomy, in onda in Italia dal 2005 su FoxLife e Italia 1, dove s’intrecciano vite professionali e aspirazioni sentimentali di un gruppo di medici, pronti a lasciarsi andare con frasi emblematiche tipo «Chirurgia è sexy. È come i marines. È da macho. È ostile. È da duri» che, si spera, non vengano pronunciate realmente in sala operatoria. Una serie televisiva da record, tanto che secondo Entertainment Weekly è quella più cara per gli inserzionisti pubblicitari, pronti a pagare 240.635 dollari per uno spot da trenta secondi. Ma Grey's anatomy dovrà vedersela nel sondaggio anche con Scrubs - Medici ai primi ferri, la sit-com ambientata tra dottori neolaureati e infermieri sempre alle prese con la morte, che tiene banco da nove stagioni televisive negli Usa e dal 2003 su Mtv con lo slogan «più piccante di Sex and the city e più frizzante di Friends». Gli spettatori e lo spirito sono un po’ sempre gli stessi, a dar credito alle parole di uno dei protagonisti, il dottor Cox: «Sono diventato medico per gli stessi quattro motivi di tutti: donne, soldi, potere e ancora donne», al punto da aver «costretto» gli sceneggiatori delle due serie a citarsi l’uno con l’altro per accontentare tutti i fans.
Anche i più refrattari al tubo catodico avranno sentito parlare almeno una volta dal 2004 ad oggi di Lost, la fiction, in onda in Italia su Fox dal 2005 e l’anno seguente su Raidue (la sesta e ultima serie è in palinsesto dal 10 febbraio su Fox) che racconta le peripezie di un gruppo di scampati ad un disastro aereo, mentre a chiudere la sestina è la meno nota Una mamma per amica, trasmessa in America dal 2000 al 2007 e da noi con alterne fortune e brusche interruzioni per mancanza di audience dal 2002 al 2008 su Canale 5 e Italia 1, che si concentra sul rapporto bizzarro tra una madre di 32 anni e una figlia di 16, con accompagnamento di citazioni musicali e cinematografiche.

Chi vincerà tra le magnifiche sei? Ad aggiudicarsi il primo premio sarà davvero la più bella? No, se si crede al saggio Dr. House: «Tutti gli uomini mentono», ripete spesso. «La sola variabile è su cosa mentono». Le fiction, naturalmente, sono comprese.

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