
I socialisti europei all'attacco di Ursula von der Leyen. L'innesco è l'intenzione di ritirare la direttiva sul Green Claims: una "retromarcia inaccettabile" per i progressisti. Il passo indietro sul greenwashing, che è invece caldeggiato dal centrodestra, non è ancora ufficiale. Ma l'ipotesi di non procedere con la direttiva è sul tavolo (ed è condivisa). Nello specifico, Bruxelles non vuole avallare un emendamento in grado di danneggiare le piccole imprese. Per i progressisti, però, è una questione di principio.
Ieri, durante un summit tra la presidente della Commissione europea, la portavoce dei Socialisti e democratici Iratxe Garcia Perez ha presentato alla leader dell'Ue un vero e proprio ultimatum. Garcia Perez chiede una "immediata dimostrazione di fiducia". E la leader Pd Elly Schlein, che in Europa aderisce allo stesso Gruppo, ha seguito a ruota. Per la segretaria dem, è ora di dire "basta" alla "politica dei due forni" della Commissione Ue, che dovrebbe cambiare rotta. L'accusa diretta alla von der Leyen, in soldoni, è di essere troppo vicina alle istanze del Ppe e a quelle dell'Ecr e troppo distante da quelle dei Socialisti.
La leader dem sostiene che i voti di sostegno del suo Gruppo alla Commissione non siano più scontati: "Se il Partito popolare europeo, che esprime anche la presidente della Commissione, non si sente vincolato a un quarto di maggioranza, tanto meno ci sentiremo vincolati noi". Ma la direttiva sul greenwashing è solo una diramazione: la questione cruciale è l'impianto del Green deal. Quello che per Schlein è già stato "smantellato". Il Green deal è il manifesto della scorsa legislatura, il nodo ideologico a cui le forze progressiste non intendono rinunciare.
Ma i numeri oggi raccontano una storia diversa rispetto a quella di cinque anni fa. Nicola Procaccini, parlando dell'ultimatum della sinistra alla von der Leyen, è netto: "Le minacce scomposte dei socialisti alla Commissione si spiegano con l'impossibilità di poter imporre la loro agenda all'Unione Europea, come fecero nella scorsa legislatura", premette. "D'altra parte - insiste il copresidente del Gruppo Ecr al Parlamento europeo - non credo si possa ignorare la democrazia e i popoli europei che hanno indicato in tutte le elezioni degli ultimi anni quali sono i loro bisogni, le loro priorità". Anche la capogruppo al Senato d'Italia viva Raffaella Paita concorda con il ritiro della direttiva: "Dal mio punto di vista, bene che la direttiva sul greenwashing sia stata bocciata, penalizza le nostre imprese e crea un eccesso di burocrazia". Il segno di quanto la maggioranza contro l'ambientalismo senza freni sia ampia. Nei giorni scorsi, invece, tra i più attivi sulla difesa della versione originale del Green Deal, Frans Timmermans, che ha accusato il Ppe di aver cambiato idea. Manfred Weber, leader del Ppe, ha risposto alla mossa di Socialisti e Liberali (anche Renew Europe ha chiesto alla Commissione Ue di non fare marcia indietro), parlando con Politico. "Non appena affrontiamo problemi concreti, la sinistra ci accusa automaticamente di collaborare con l'estrema destra. Il prerequisito per una cooperazione costruttiva è il realismo", ha detto Weber. L'esponente del Ppe ha definito "assurdo" l'atteggiamento dei socialisti e dei liberali sul greenwashing. "Il fatto che in futuro le aziende debbano ottenere l'approvazione per la pubblicità ecologica prima di poterla utilizzare è una grottesca follia burocratica e non la sosterrò", ha specificato.
Ieri la sinistra italiana, invece, ha polemizzato con il governo sul riarmo e sul raggiungimento del 5% del Pil sulla difesa. Per Angelo Bonelli di Avs, firmando la premier Meloni ha avallato una "truffa" che sarebbe stata "imposta" dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump.