Pizzaioli riconosciuti per legge

In Senato continua l'iter legislativo per l'istituzione di un albo dei pizzaioli professionisti. Molti i sostenitori, altrettanti i diffidenti.

Pizzaioli riconosciuti per legge


In Italia la pizza non è semplicemente un alimento: è un simbolo di cultura e tradizione,
un’arte antica riconosciuta dall’UNESCO, un autentico pilastro dell’identità gastronomica nazionale.
Eppure, fino a oggi, chiunque poteva definirsi ( e a volte improvvisarsi) “pizzaiolo” senza alcuna certificazione ufficiale.
Questo scenario potrebbe presto cambiare grazie a una proposta di legge attualmente in discussione al Senato, che punta a istituire un vero e proprio albo nazionale dei pizzaioli professionisti.
La proposta , frutto di due disegni di legge unificati, uno presentato da Bartolomeo Amidei (Fratelli d’Italia) e l’altro da un gruppo trasversale di senatori mira a riconoscere giuridicamente la figura del pizzaiolo, istituendo una qualifica professionale ufficiale, con tanto di formazione, esami e iscrizione a un registro nazionale. L’obiettivo dichiarato è duplice: dare dignità e tutela a una categoria fondamentale per il Made in Italy e garantire ai consumatori un livello minimo di qualità e sicurezza alimentare.
Il funzionamento dell’albo, almeno nelle intenzioni dei legislatori, è piuttosto chiaro.
Per essere riconosciuti come “pizzaioli professionisti” si dovrà seguire un percorso di formazione specifico: almeno 120 ore suddivise tra laboratorio pratico, igiene, scienze dell’alimentazione e lingua straniera.
Al termine del percorso, è previsto un esame teorico-pratico.
In alternativa, sarà possibile iscriversi al registro dimostrando di aver lavorato per almeno dieci anni nel settore o di aver ricoperto un ruolo di maestro pizzaiolo responsabile di una brigata.
L’iscrizione, una volta ottenuta, avrà validità quinquennale e sarà rinnovabile, probabilmente con obblighi di aggiornamento professionale.
Il registro sarà gestito a livello nazionale dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, mentre le Camere di Commercio e i centri per l’impiego cureranno gli elenchi locali.
Il percorso parlamentare della proposta è già a buon punto: il testo base è stato definito a fine 2024 e ha ricevuto i primi pareri positivi da parte delle commissioni competenti.
I promotori, come il senatore Amidei, sottolineano con orgoglio il valore culturale ed economico dell’iniziativa:
si tratta, secondo loro, di un passo avanti nella difesa della nostra tradizione gastronomica, paragonabile a quanto già avviene per altre professioni artigiane.
L’iniziativa ha trovato ampio sostegno anche tra le associazioni di categoria. Per molti operatori del settore, insomma, questo albo rappresenta una conquista culturale oltre che professionale.
Ma non mancano le critiche.
Alcuni osservatori temono che l’albo possa trasformarsi in uno strumento di burocrazia, più che di tutela.
Secondo questi critici, l’obbligo di un titolo formale o di un lungo periodo di formazione certificata rischia di escludere chi ha imparato il mestiere sul campo, in modo tradizionale, magari all’interno di pizzerie a conduzione familiare.
C’è anche chi paventa il pericolo di una “standardizzazione forzata” del prodotto pizza, con la conseguente perdita di creatività e varietà territoriale.
In effetti, la pizza in Italia è quanto di più locale e personale si possa immaginare: da Nord a Sud, ogni regione, ogni città e spesso ogni pizzeria ha la sua variante. Imporre criteri uniformi per definirsi “pizzaioli” potrebbe essere un’arma a doppio taglio: utile per elevare gli standard minimi, ma pericolosa se usata come filtro eccessivo o come marchio esclusivo.
Molti temono che a beneficiarne siano solo le grandi catene o le scuole certificate, a discapito dei piccoli artigiani.
Il dibattito, insomma, è acceso. E in un Paese dove anche una mozzarella può diventare argomento da prima pagina, non sorprende che la pizza diventi materia di legge.
A chi si preoccupa del rischio di burocratizzazione, i sostenitori della proposta rispondono che si tratta solo di un primo passo, e che l’albo non deve diventare una barriera, ma un trampolino. Sarà importante, quindi, monitorare come verranno gestite le esenzioni per i pizzaioli esperti già attivi, come verrà garantita l’equità d’accesso ai percorsi formativi, e soprattutto come verrà tutelata la diversità culturale che da sempre è il cuore pulsante del mondo della pizza.
Ci si interroga anche sul piano europeo: un pizzaiolo straniero potrà lavorare in Italia senza iscriversi all’albo?
Come verranno riconosciuti i titoli professionali conseguiti all’estero?
Si tratta di aspetti fondamentali in un settore sempre più globalizzato, dove la pizza italiana è spesso al centro di esperienze culinarie internazionali.
Nel frattempo, il Parlamento va avanti. Sono stati stanziati svariati milioni di euro per avviare il progetto, coprire i costi organizzativi e finanziare i primi percorsi di formazione.
Alcune associazioni si stanno già candidando per diventare enti certificatori.
Altre, più critiche, osservano da lontano, in attesa di capire se questo sarà uno strumento utile o solo un’altra complicazione.
Una cosa, però, è certa: l’idea di regolamentare e valorizzare l’arte della pizza nasce da una volontà forte di difendere un pezzo fondamentale della nostra identità. E come ogni riforma, sarà buona o cattiva a seconda di come verrà realizzata e applicata.
Se saprà coniugare qualità e accessibilità, tutela e apertura, allora potrà davvero segnare un punto di svolta positivo per tutto il settore.
Se invece diventerà l’ennesimo ostacolo burocratico, rischierà di allontanare proprio quei pizzaioli che da anni portano avanti la tradizione con passione e sacrificio.
Del resto, una buona pizza , come una buona legge ,nasce sempre da un impasto ben bilanciato, che lievita con il tempo giusto e cuoce a temperatura precisa.
È una questione di equilibrio, di passione e di mestiere.


E chissà, forse un giorno anche leggere “pizzaiolo professionista iscritto all’albo” sull’insegna di una pizzeria sarà per tutti un segno di garanzia.
Ma prima, bisogna stendere con cura ogni ingrediente di questa riforma.
E aspettare che sia pronta per uscire dal forno.

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