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Lo Cascio: «Indago tra gli scambisti e le belle di giorno»

L’estroso attore è un ispettore nel thriller di Roberta Torre «Mare nero», ambientato a Napoli. «Amo le personalità diverse dalla mia»

Cinzia Romani

da Roma

Uno mica può fare Nicola tutta la vita. A un certo punto, avendo un po’ di tigna sicula (e Luigi Lo Cascio, il Dustin Hoffman di casa nostra ne ha a strafottere, dato che è di Palermo), bisogna pure scendere dal santino de La meglio gioventù, il bel film di Marco Tullio Giordana, che nel 2003 dette alta visibilità al quotato attore classe 1967, lì come psichiatra doverista. E diventare, magari, l’ispettore Mocci, altro che Mariano, il sequestratore di Moro nel film di Bellocchio Buongiorno, notte. Magari anche stavolta il personaggio da portare sul grande schermo è pronto per la passerella in questura: c’è di mezzo il sesso, la prostituzione, le belle di giorno. Il Mare nero, insomma, come s’intitola il thriller, a sfondo psicologico, girato da Roberta Torre e interpretato, oltre che dal protagonista Lo Cascio, da Anna Mouglalis, la flessuosa ex-modella francese consacrata da Michele Placido in Romanzo criminale. Comunque, una alta, a Lo Cascio, non lo spaventa, visto che da uomo non proprio watusso è riuscito a fare atletica, ottenendo buoni risultati nelle gare nazionali di salto triplo, al liceo. E sì che, a scuola, risultava più basso pure delle femmine. Ma la determinatezza isolana è potente.
Finite le recite al romano Teatro Valle, dove il sensibile interprete de I cento passi (un David di Donatello per la parte di Peppino Impastato) ha portato uno spettacolo ispirato al racconto kafkiano La tana, riscrivendolo addirittura, il meglio giovanotto parte per Prato. Dove lo aspettano provini e contatti. Del resto, Luigi è un girovago fatto e finito. «Adoro i bar e gli alberghi», dice.
Com’è questo film della Torre?
«È un’indagine sull’omicidio d’una ragazza di buona famiglia. Mi calo nei panni dell’ispettore Mocci, che scopre il mondo degli scambisti e delle belle di giorno, ragazze insospettabili, pronte a prostituirsi per pagarsi la pelliccia, o il viaggio ai Caraibi».
E che cosa succede?
«Che il buon Mocci, vestito con molta accuratezza (lo diresti un tipo distinto), a un dato momento non riesce a staccare da quel mondo. E diventa ossessivamente geloso della sua donna, una Mouglalis ambigua e misteriosa. Fino all’ultimo, anche lo spettatore nutrirà dubbi, sull’innocenza apparente di lei. Qui nessuno è innocente, compresa la ragazza ammazzata, prostituta all’occasione».
Ma è un ruolo molto diverso, nella sua sottile perversione, da quelli interpretati finora...
«Avevo già impersonato un ispettore in Occhi di cristallo, il thriller di Eros Puglielli. Fare l’attore, comunque, serve a esplorare personalità diverse dalla mia. Si tratta d’una sfida».
Dove avete girato?
«A Napoli, ma negli interni della città. Nel film si vedranno sfondi astratti, quasi surreali e anonimi. Partenope, a volte, può essere tutte le città».
Insieme ad Alessio Boni e a Fabrizio Gifuni, con lei ne La meglio gioventù, siete emersi, rappresentando una nuova generazione di attori neanche quarantenni. Con quale attore del passato si identifica?
«Non procedo mai per schemi generazionali. Mi riesce difficile, cioè, inquadrarmi e inquadrare gli altri per ere. Volonté, Mastroianni, Giannini... La mia fascinazione per gli attori è più legata agli sceneggiati televisivi. Parlo di Adolfo Celi, di Cervi, di Buazzelli... Bado alla grana della voce, piuttosto. Alla dizione».
Lei, che viene dal cabaret di Palermo, ama il teatro più del cinema?
«È che il cinema, rispetto al teatro, t’inchioda di più al personaggio. Da parte dello spettatore di cinema c’è, insomma, una maggiore identificazione tra chi sei sullo schermo e chi sei nella vita. In teatro, invece, fai Riccardo III, ma chi viene a trovarti in camerino non si aspetta di trovare il re in persona».
Chi l’ha iniziata al cinema?
«Mio zio Luigi Maria Burruano, attore anche lui. Un giorno, mi telefonò per dirmi: “Sto pranzando con Marco Tullio Giordana, che cerca un attore per il ruolo di Peppino Impastato e non lo trova. Vieni subito a Roma!”».
Ed è partito al volo?
«Non subito. Che c’entro io, col cinema?, mi chiedevo. A Palermo avevo gli amici della squadra di atletica, facevamo gag demenziali col nostro gruppo, «Le ascelle»... Figurarsi! Avevo i miei quattro fratelli, la nonna che stava a casa con noi: un mondo di certezze. Poi, però, Giordana mi ha convinto. Mio zio, ne I cento passi, fece la parte di mio padre e io feci Impastato».


Altri progetti?
«I soldi, nel cinema, sono così pochi, al momento, che per scaramanzia, finché non ho firmato, non parlo dei due film italiani che dovrei interpretare entro i prossimi due anni. Quante volte ho detto e poi non ho fatto!».

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