Case popolari anche alle coppie gay

Il disegno di legge della giunta Bresso bocciata dalla Cdl: «Si erano impegnati a difendere la famiglia invece mettono subito in difficoltà chi ha figli»

Pietro Balducci

da Milano

L’unica cosa certa è che servirebbero 5000 nuovi appartamenti solo nella provincia di Torino da destinare alle fasce deboli. Per il momento non si costruiranno, però nella lista d’attesa le famiglie con prole dovranno fare posto alle coppie omosessuali. È l’ultima trovata della giunta Bresso, sempre più lanciata a fare concorrenza a sinistra a José Luis Rodriguez Zapatero, il primo ministro spagnolo famoso, fra le altre cose, per avere legalizzato i matrimoni fra gay. La giunta Bresso ha annunciato, a suon di fanfare, la volontà di presentare un disegno di legge «anti-discriminazione» che permetta agli omosessuali di accedere alla graduatoria Atc, l’agenzia territoriale per la casa. Con questo disegno di legge la giunta regionale intende garantire «l’accesso alla casa ai conviventi di fatto». Una frase che è il cavallo di Troia per le case ai gay. Solo che la legge attualmente in vigore, la 46 del ’95, non esclude per niente questa possibilità, permettendo l’accesso anche alle persone «non legate da vincoli di parentela o affinità» che autocertifichino la convivenza da almeno due anni. «L’unico modo di permettere agli omosessuali di avere una casa popolare è stabilire una quota gay» spiega Giuseppina Vigliotti dell’Atc di Torino. «Perché senza avere figli è impossibile salire in graduatoria». Al di là delle alchimie legislative, quote o non quote, è chiara la volontà della sinistra di parificare le coppie omosessauli a quelle tradizionali. «Nessuno intende discriminare le coppie gay» spiega Guido Crosetto, coordinatore regionale di Forza Italia. «Però non si può metterle in tutto e per tutto sullo stesso piano delle famiglie con figli, già scavalcate da quelle extracomunitarie nelle graduatorie per le case popolari. Se ci mettiamo pure le coppie omosessuali, bisognerà anche spiegare alla gente per quale motivo debba fare fare figli, crescerli, educarli, per lo sviluppo di una società che, invece, bastona ogni giorno la famiglia». Dello stesso avviso Agostino Ghiglia, ex deputato di An e consigliere regionale in Piemonte. «Garantire l’accesso alle coppie omosessuali nelle case Atc significa vanificare le speranze di migliaia di famiglie con figli di accedere ad una casa popolare. Ci opporremo con forza a questo provvedimento».
Ma la deriva zapaterista di Mercedes Bresso, il presidente della Regione Piemonte, e dei partiti di sinistra che la sostengono, non finisce qui. L’altra trovata è quella di demolire la legge regionale targata centrodestra che offre rimborsi alle famiglie che decidono di mandare i propri figli a studiare nella scuola privata. Madama la marchesa, cioè la sinistra piemontese, non gradisce, quindi i rimborsi saranno decurtati. Tutto questo avviene con il placet della Margherita che, solo pochi anni fa, aveva votato, dagli scranni dell’opposizione alla giunta Ghigo, l’allora presidente regionale di Forza Italia, a favore di questa legge che istituiva i buoni scuola. «Andatelo a chiedere alla Margherita perché ha cambiato idea» tuona Roberto Cota, segretario regionale piemontese della Lega Nord. «Prima chiedono e ottengono i voti dei moderati, poi si comportano esattamente come un partito di sinistra».

Nel 2005 la Regione Piemonte ha elargito in media 1000 euro a ogni nucleo familiare che ne ha fatto richiesta. Una cifra forse ininfluente per la famiglia abbiente, ma indispensabile per quella del ceto medio, la classe sociale che la sinistra ha sempre dichiarato di volere tutelare.

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