Lennesimo rogo di rifiuti in una calda sera estiva, il fumo e la puzza che arrivano ai palazzi dallaltra parte della strada, qualcuno scende, fazzoletto sulla bocca, e comincia a lamentarsi ad alta voce. Il suo esempio viene seguito da decine di residenti. E così intorno alle 23 di sabato, di fronte allingresso del campo nomadi Casilino 900, cresce una spontanea protesta che arriva a bloccare una delle corsie della consolare.
Aumenta la tensione, anche perché spunta un megafono e le lamentele guadagnano decibel, così qualcuno tra i rom del campo si avvicina per replicare agli slogan. Qualche scambio di accuse, volano parole pesanti, si sfiora anche lo scontro fisico, poi oltre ai vigili del fuoco, chiamati per spegnere le fiamme a bordo strada, arrivano un paio di mezzi della polizia municipale, e i vigili cercano di riportare la calma, separando i contendenti. La folla aumenta e consolida il presidio di protesta, arrivano anche rappresentanti del Campidoglio a fare da pacieri.
Ci vuole un po perché il «comitato spontaneo» sciolga le sue fila e torni a casa, facendo tornare la calma sul tratto di via Casilina. «Ma ormai la gente è esasperata», spiega il giorno dopo Anna Maria Addante, presidente dellassociazione inquilini e proprietari di Torre Spaccata, da sempre impegnata sul tema caldissimo di quel grande campo nomadi. «Sono anni che andiamo avanti così, con i fumi che ci entrano in casa. E destate, quando il caldo rende indispensabile aprire le finestre, è anche peggio. Qualche giorno fa abbiamo anche incontrato il prefetto Mosca per ribadire la richiesta di una soluzione. Così sabato sera, dopo lennesimo incendio, qualcuno non ha retto e col megafono ha chiamato gli altri a raccolta». La ricetta, per Addante, è nel «superamento della logica dei campi». «Da troppo tempo - spiega la donna - la situazione nel campo è sempre la stessa. I bambini vivono in condizioni assurde, i marciapiedi sulla Casilina sono occupati da rottami e sporcizia e i residenti respirano diossina, il tutto in quello che dovrebbe essere un parco archeologico. Mi chiedo che fine facciano i soldi che finiscono alle associazioni che dovrebbero lavorare per migliorare la situazione in un campo che non è mai stato regolarizzato, visto che non sembra che le cose negli ultimi anni abbiamo avuto una svolta, anzi».
Ora le polemiche si indirizzano anche su una casetta di legno a due piani, una specie di chalet sorto dietro allex distributore di benzina, nel cuore dellarea archeologica. È un «esperimento», unalternativa a baracche e container, progettata dalluniversità Roma Tre e realizzata dagli stessi nomadi che abitano nel campo. Dovrebbe essere inaugurata oggi alla presenza del prefetto. Ma i residenti sono scettici, come spiega ancora la Addante. «Qui si vorrebbe semplicemente la chiusura del campo. E lidea di una casa di legno non convince, anche perché il legno brucia, e molti temono che lo chalet non resterà in piedi molto a lungo». Critico anche il presidente della Commissione sicurezza del Campidoglio, Fabrizio Santori. Che boccia la casetta, «costruita in unarea soggetta a vincoli archeologici e nonostante il diniego dellufficio tecnico municipale», e sottolinea come la protesta dellaltra sera sia un chiaro grido dallarme lanciato da quanti abitano di fronte allinsediamento e ne vivono i disagi. «Siamo preoccupati per i forti segnali di esasperazione della cittadinanza. Serve un cambio di marcia sulla questione nomadi», spiega lesponente del Pdl, ricordando che altre proteste spontanee cerano già state anche a Corviale. «È evidente - insiste Santori - che se non si interviene in fretta e con decisione altri romani, chiedendosi cosa significhi, oggi, essere nomadi e perché continui a persistere uno stato di impunità nei confronti di chi non rispetta le regole, diventeranno insofferenti».
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