RomaScricchiola e vacilla il Terzo Polo, e proprio nella sua culla palermitana.
Il nuovo esecutivo di Sicilia, il Lombardo quater senza Pdl ma con lapporto del Pd e con il perno centrista formato da finiani, Udc e Mpa, è stato salutato come gran laboratorio isolano di nuove alleanze da trasferire sul piano nazionale. Peccato che, su un voto fondamentale come quello dellesercizio provvisorio bilancio regionale, lUdc si sia sfilato da maggioranza e Terzo Polo e abbia deciso autonomamente di non votare, uscendo dallaula.
Allesercizio provvisorio si è arrivati perché Lombardo e la sua giunta non sono riusciti a far approvare nei tempi previsti (ossia entro la fine dellanno) la legge finanziaria regionale: i conti non tornavano, e io governatore ha chiesto una dilazione fino a marzo per trattare con Roma, in particolare sulla spesa sanitaria. Ma le ragioni della (innocua ai fini del voto) dissociazione dellUdc sono tutte politiche, e più nazionali che siciliane. La capogruppo casiniana in Regione, Giulia Adamo, dà una spiegazione molto minimal: «Ci siamo astenuti perché ci sembbrano eccessivi i tre mesi di esercizio provvisorio, con il rischio di un ulteriore e dannoso slittamento».
Ma gli osservatori più addentro alle segrete cose della barocca politica isolana danno spiegazioni più complesse: tra Lombardo e lUdc (alle spalle dei finiani di Fli), secondo quanto scrive ad esempio il quotidiano La Sicilia, è partita «la gara intitolata: chi torna prima da Berlusconi».
Già, perché con laurora del 2011 sembra essere iniziato anche il disgelo dei rapporti del governatore con il Pdl. Dal coordinatore siciliano del partito di Berlusconi è arrivato un primo segnale di tregua: «Non si può andare avanti così, bisogna recuperare la dialettica del fare - dice Giuseppe Castiglione, che fino alla fine del 2010 è stato fiero oppositore del Lombardo quater - e sul piano dei fatti è urgente un accordo con le altre forze per superare questo periodo in cui la litigiosità è andata oltre ogni limite». Dialogo «costruttivo», naturalmente, sulle cose «concrete», con la disponibilità a mettersi daccordo «sulle priorità». E Lombardo si è prontamente mostrato lusingato dal corteggiamento pidiellino: «Alla luce dellapertura di dialogo che mi viene dal Pdl nella persona di Giuseppe Castiglione, che non posso che giudicare positivamente, credo che si potrà insieme ragionare sul bilancio», ha annunciato nellaula dellAssemblea regionale, auspicando un «percorso di condivisione tra persone di buona volontà». Lo scambio di amorosi sensi tra Pdl e presidente della Regione coincide con altri segnali «romani», come le voci di parlamentari lombardiani in avvicinamento al centrodestra e pronti a dare una mano al governo (si fa il nome di Ferdinando Latteri, ex rettore dellUniversità di Catania e già agilmente transitato dal Pd al Mpa). Ecco perché, spiegano i più maliziosi, lUdc ha voluto fare un gesto di smarcamento da Lombardo, proprio mentre a Roma il partito scudocrociato manda messaggi concilianti in direzione berlusconiana, con il segretario Cesa che assicura: «Se il governo metterà al centro dellagenda politica la questione famiglia, troverà un Udc pronto al confronto costruttivo».
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