Luca Telese
nostro inviato a Taormina (Messina)
Ma chi sono gli «illusionisti» della politica? Silvio Berlusconi,forse, come avevano indicato tutti gli osservatori sui giornali di ieri? Nemmeno per sogno. Mentre entra nell’assise della Confindustria siciliana, Pierferdinando Casini getta acqua sui toni di polemica che si erano aperti dopo le sue dichiarazioni del giorno prima. Letti i giornali di stamattina, il leader dell’Udc ha fatto il punto con i suoi: le sue frasi sono state interpretate non come una volontà di criticare e competere positivamente con il principale alleato della sua coalizione, ma come una contrapposizione netta e alternativa. E così ieri sul viso del presidente della Camera è comparso quel sorriso che solo i postdemocristiani sanno fare, e il tono si è fatto bonario, sdrammatizzante: «Figuratevi, io sono sceso in politica per far vincere la moderazione, vorrei evitare le polemiche anche con il centrosinistra, figuratevi se posso aprirle con il centrodestra».
Il viaggio di Casini in Sicilia ha un significato importante, nel posizionamento della scacchiera del centrodestra in vista delle elezioni. Casini sta riprendendo in mano il partito, sta stringendo i bulloni della sua organizzazione, è sceso in campo in prima persona per organizzare e dirigere il suo partito. Ma anche per rivolgersi all’esterno. E dunque il suo discorso davanti alla platea della Confindustria è di nuovo un discorso da leader di domani, di presidente di un partito che Casini vorrebbe sempre più impegnato nella lotta contro la mafia e per la modernità. Tre cartelle su cinque di tutto il discorso parlano di questo: «colmare i divari tra Nord e Sud», «combattere l’invadente presenza della criminalità organizzata», proporre al centrosinistra una sorta di unità simile a quella che si realizzò durante gli anni di piombo contro il terrorismo, per opporsi alla mafia, alla sua presenza, alla sua organizzazione. Ed ecco infatti il passaggio più delicato, dell’intervento del presidente della Camera: «La mafia ha una forma mentis, un modo di vedere le cose: e questo è il sistema che i corpi sani della società debbono scardinare con il rigore assoluto dei comportamenti nell’amministrazione della cosa pubblica, ma anche con l’onestà intellettuale e il rifiuto della logica delle convenienze». Casini dice quello che gli sta più a cuore: «A questa logica oggi noi non possiamo cedere se vogliamo evitare il gioco al massacro su cui la mafia punta: un drammatico tutti contro tutti in cui le responsabilità finiscono per confondersi, aprendo gli spazi dove proprio la criminalità organizzata cerca di affermarsi e prosperare. Il successo nella lotta alla mafia - conclude - è dunque una condizione essenziale per compiere quel cammino di progresso che senza dubbio è alla portata dell’isola e, come dicevo, è per gran parte nelle mani dei siciliani». Insomma, un discorso pragmatico, ma anche un discorso molto politico: «Vorrei chiarire, anche se non credo ve ne sia la necessità, che non sono né un idealista, né una persona che preferisce non vedere i problemi: la mafia è e resta la principale minaccia per lo sviluppo dell’economia e della società civile siciliana».
In questo giro delle «venti regioni e delle venti ragioni», Casini parte dalla Sicilia, perché lì è il quartiere elettorale del suo partito, e alterna con sapienza le stoccate agli avversari, ma anche quelle agli alleati. Compete con Forza Italia, ma non rompe mai il legame di solidarietà con gli alleati, come dimostra anche la correzione di rotta di ieri. Infine si mette in prima linea nella lotta alla mafia, per difendere il suo partito, ma anche per chiarire ogni ambiguità: «Mi sembra indispensabile sgombrare il campo da alcuni cliché che con troppa leggerezza e strumentalità sono stati costruiti e alimentati in passato». E poi, ancora più netto, con un chiaro riferimento a Cuffaro: «Non credo a chi dipinge gli amministratori pubblici di questa terra come burattini nelle mani della criminalità organizzata: non ci credo perché ho rispetto per tutti coloro che si impegnano seriamente, giorno dopo giorno, nel ricordo del sacrificio di coloro che li hanno preceduti e che hanno pagato con la vita il proprio tributo disinteressato alle ragioni dello Stato e delle istituzioni democratiche». Difendere Cuffaro, e stringere anche il rapporto di solidarietà con i dirigenti del partito siciliano, fra l’assemblea della mattina a Catania con la Confindustria e quella a Palermo con il partito siciliano si cementa la squadra del partito per le elezioni politiche.
Casini correrà capolista, Cuffaro sarà dietro di lui nell’elenco delle candidature per Montecitorio. L’Udc alle ultime elezioni aveva raccolto il 20 per cento dei consensi in Sicilia, una quota considerevole di tutti i voti a livello nazionale. Casini lo sa, i dirigenti e l’Udc lo sanno, per restare forti al tavolo del governo e della coalizione serve un risultato sopra al 6 per cento. Per ottenere questo risultato bisogna passare dalla Sicilia. Ma dopo le elezioni si apre una partita più importante, quella sulla leadership del centrodestra.
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