Casini tifa soltanto Monti e manda in pensione i sogni di Montezemolo

Ormai bruciate le ambizioni politiche del patron Ferrari mentre salgono le quotazioni del ministro Passera. Anche il cav potrebbe non ostacolare l'ascesa dell'ex banchiere

Casini tifa soltanto Monti  e manda in pensione  i sogni di Montezemolo

Roma - Niente sarà più come prima: quel che si disse all’indomani dell’11 settembre vale anche - si parva licet - all’indomani della nascita del governo Monti.
Governo tecnico, nato per governare l’emergenza, ma in realtà destinato a durare anche oltre: la previsione di Pier Ferdinando Casini («Monti e i suoi ministri resteranno in politica e dobbiamo invitarli a un lavoro comune») è un avvertimento non casuale e rivolto a tutti: i leader politici che occupavano la scena prima del Professore, e gli aspiranti leader politici che speravano di sostituirli. Come Matteo Renzi, il sindaco di Firenze la cui ambizione a costruirsi una leadership riformista dentro il centrosinistra è stata per ora bloccata. O come Luca Cordero di Montezemolo, la cui discesa in campo tante volte annunciata e mai concretizzata rischia ora di arenarsi definitivamente, causa mancanza di campo.
«Se Montezemolo ha un futuro politico? Doveva essere come minimo al posto di Passera. Politicamente è bruciato», ha gongolato giorni fa l’ex ministro Giancarlo Galan (che col patron Ferrari, reo di avergli sfilato un paio di deputati arruolati nelle file di Italia Futura, ha il dente avvelenato). Montezemolo non è al posto di Corrado Passera nel gabinetto Monti, e l’unica figura presente nel governo che viene collegata al suo nome è quella del sottosegretario ai Beni culturali Roberto Cecchi: meglio di niente, ma sicuramente poco per il leader del «partito dei Carini», come lo ha ribattezzato Crozza.
Già, Passera: il superministro ex banchiere (che è poi quello cui - non casualmente - si riferisce Casini nel suo vaticinio) è per Montezemolo un amico di vecchia data, ha seguito da vicino l’operazione dei treni Ntv lanciata dal patron Ferrari (il 20% della società è di Intesa San Paolo) e, secondo quanto raccontano i ben informati, è stato spesso confidente e consigliere delle sue ambizioni politiche e dei suoi frequenti dubbi sui tempi e i modi dell’eventuale discesa in campo. Troppo a lungo rimandata: quando però il momento magico del «dopo Cavaliere» è scattato, Passera ha superato in corsa l’amico. E ora per lui, a sentire i boatos del Palazzo, potrebbero aprirsi luminosi destini politici, da futuro rifondatore di un «Grande Centro» capace di coniugare tecnocrazia e democristianeria, e di costruire sulle rovine del «bipolarismo muscolare» denunciato da Casini un contenitore che raccolga pezzi di Pdl e di Pd. «Se il Partito democratico non accetterà la svolta - raccontava due giorni fa sul Foglio un anonimo parlamentare Pd di area ex Ppi - la nostra idea è realizzare insieme con i nostri amici ex Dc del Pdl un nuovo e robusto partito che potrebbe diventare il contenitore di tutte le forze riformiste del Paese. Un partito che non sogniamo soltanto noi, ma anche un ministro che non tornerà certo al suo vecchio lavoro». Passera, appunto. Che, secondo gli insider, è assai ben visto anche dal Cavaliere, con cui ha ottimi rapporti e che potrebbe non ostacolare affatto la sua ascesa.
Se la profezia casiniana si avvererà, il prossimo futuro potrebbe vedere, in capo a due anni, la scomposizione degli attuali poli, e il tandem Passera-Monti in corsa per Palazzo Chigi e il Quirinale. Resta da capire che faranno gli ex leader politici. Archiviato il sogno del Colle, Casini - uomo pratico - avrebbe ridimensionato le proprie ambizioni (che sono sempre state assai più istituzionali che di governo) e potrebbe accontentarsi della presidenza del Senato.

A quel punto, si son fatti due conti in casa Pd, con tutte le altre poltrone occupate dal «mega-centro», la presidenza della Camera dovrebbe per forza andare alla sinistra. E c’è chi giura che D’Alema, grande supporter della manovra Monti, ci stia facendo un pensierino.

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