Caso Claps, la mamma: "Non perdonerò mai l'assassino di mia figlia"

La famiglia Claps: "Basta con le coperture e i depistaggi. Chi sa qualcosa, dica la verità". Migliaia di giovani hanno sfilato chiedendo giustizia per la studentessa uccisa

Caso Claps, la mamma: 
"Non perdonerò mai 
l'assassino di mia figlia"

Quella di Elisa è una famiglia perbene. Lavoratori onesti, i Claps. Per decenni hanno gestito una piccola tabaccheria nel rione Montereale, il parco storico di Potenza dove c’è il monumento ai Caduti. Anche la famiglia Claps avrà ora, finalmente, una lapide su cui piangere Elisa, vittima innocente di un dramma che ha commosso un’intera città. La commozione è un sentimento nobile, ma guai se si trasforma in attenzione morbosa; guai se si diluisce in lacrime pronte da strumentalizzare.

Elisa scomparve la mattina del 12 settembre 1993, il suo cadavere è stato ritrovato il 17 marzo 2010: durante questi 17 anni di tormento, va dato atto alla famiglia Claps di aver mantenuto sempre un comportamento inappuntabile. Mai una parola sopra le righe, anche quando rimbombava l’eco dei silenzi di chi sapeva e non ha parlato. Proprio nel rispetto di questo comportamento, ci permettiamo di mettere in guardia la famiglia Claps: diffidi di chi vuol trasformare il ritrovamento del cadavere di Elisa in un macabro talk show mediatico. Diffidi, la famiglia Claps, dei giornalisti che vanno in giro col microfono chiedendo: «Scusi, per lei chi è l’assassino di Elisa?». «Inchieste» di questo tipo già si stanno facendo in città e - temiamo - che nei prossimi giorni su Potenza volteggeranno parecchi avvoltoi.

Filomena Iemma, la mamma di Elisa, è una donna fragile solo all’apparenza; diciassette anni di dolore l’hanno temprata e ieri alla solita (stupida) domanda sul «perdono» per l’assassino della figlia, ha risposto senza ipocrisie: «Il perdono no, perché non lo darebbe nemmeno un santo». Attorno a lei e ai figli Gildo e Luciano ieri, tutta Potenza, si è stretta in un abbraccio caloroso e sincero. Migliaia di persone scese in piazza per reclamare «verità e giustizia»: due parole che - almeno finora - sono state le grandi assenti di questa terribile vicenda. La mamma di Elisa sale sul palco e fissa i più giovani: «Chi sa la verità venga a dirmela. Voi ragazzi dovete cercare la verità. Adesso abbiamo ancora più bisogno di voi. E nessuno si permetta mai più di dire che Elisa è scappata di casa: lei a casa ci stava bene. Chi l’ha detto, ora ne deve dare conto». E poi: «Elisa amava la sua città. Guai a chi ne parlava male. In questi 17 anni ci siete sempre stati vicini: non smettete mai di cercare la verità. Voi siete la primavera, voi siete il futuro». Filomena ha ammesso «di non aver mai avuto dubbi o speranza sul ritorno a casa di Elisa. Lo sapevo. Lo dicevo ai miei figli che non sarebbe mai tornata. Ora possiamo darle una degna sepoltura. Ma nella nostra casa Elisa c’è ancora, è dentro di me, è nel mio cuore, a tavola con me, ogni giorno, ma qualcuno l’ha strappata alla sua famiglia. Voglio la verità da chi l’ha condannata in un sottotetto. Io non ho paura di nessuno, né mafiosi né delinquenti».

Di «responsabilità» e «depistaggi» parla espressamente Gildo Claps: «Elisa non è mai stata cercata veramente. Ora le indagini facciano chiarezza su responsabilità e depistaggi». Il j’accuse del fratello della studentessa uccisa è bruciante: «Forse bisognava proteggere l’assassino o qualche altra persona. Certamente ci sono stati condizionamenti nelle indagini che vennero effettuate con leggerezza, superficialità e approssimazione».

Intanto continua il filo diretto tra gli investigatori italiani e quelli inglesi che sembrano operare in sinergia per accertare il ruolo avuto da Danilo Restivo sia nell’omicidio Claps (fu proprio Restivo l’ultima persona incontrata da Elisa, prima che di lei si perdessero le tracce), sia nel delitto di Heather Barnett, la vicina di casa di Restivo trasferitosi in Gran Bretagna dopo la scomparsa di Elisa. «Spero che si arrivi presto al killer della Claps e quindi anche a quello di mia sorella», ha dichiarato Ben Barnett, il fratello della donna di 48 anni assassinata (e orribilmente mutilata) nella sua abitazione del Dorset nel 2002: un omicidio che venne subito collegato, per una serie di incredibili coincidenze, alla sedicenne di Potenza.

Danilo, da giorni, è

tappato in casa. Spia da dietro le tendine l’auto della polizia che piantona il suo ingresso.

Presto, molto presto, gli agenti di Scotland Yard potrebbero bussare alla porta. Con le manette e un mandato di estradizione.

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