La richiesta del Quirinale Atti e informazioni sulla vicenda De Magistris sono stati chiesti dal segretario generale della presidenza della Repubblica, Donato Marra, al procuratore generale della Corte di appello di Salerno. La richiesta è stata avanzata su preciso mandato del Capo dello Stato, dopo la decisione di sequestrare atti di inchieste condotte dall’ex pm della procura di Catanzaro De Magistris ora in servizio a Napoli. Il Capo dello Stato intende esaminare ogni atto utile a meglio conoscere una vicenda senza precedenti, che - prescindendo da qualsiasi profilo di merito - presenta aspetti di eccezionalità, con rilevanti, gravi implicazioni di carattere istituzionale, primo tra tutti quello di determinare la paralisi della funzione processuale cui consegue - come ha più volte ricordato la Corte costituzionale - la "compromissione del bene costituzionale dell’efficienza del processo, che è aspetto del principio di indefettibilità della giurisdizione".
Guerra tra procure Intanto nel "puzzle De Magistris" si inserisce anche la guerra tra procura. Se il tribunale di Salerno aveva fatto indagato le toghe e fatto perquisire il tribunale di Catanzaro (sempre per l'inchiesta Why Not), oggi è arrivata la risposta della procura calabrese. Sette magistrati della procura di Salerno, fra cui il procuratore capo Apicella, sono indagati dalla procura generale di Catanzaro. Che ha anche bloccato, con un provvedimento di sequestro, gli atti che erano stati sequestrati dai colleghi campani. Il provvedimento di sequestro è stato firmato dal procuratore generale di Catanzaro, Enzo Jannelli, e dai sostituti Garbati, De Lorenzo e Curcio. Il provvedimento di sequestro è stato notificato ai carabinieri di Salerno che erano negli uffici della procura generale per effettuare l’indicizzazione dei documenti sequestrati relativi alle inchieste Why Not e Poseidone. I magistrati di Salerno risultano indagati nell’inchiesta relativa al sequestro della documentazione delle indagini Why Not e Poseidone eseguito martedì scorso dai magistrati campani. L’inchiesta della procura di Salerno è scaturita dalle denunce fatte da De Magistris sull’avocazione dell’inchiesta Why Not da parte della procura generale.
Mancino: "Pronto a dimettermi "Non vorrei che su di me ci fosse l’ombra del sospetto". Se un’eventualità del genere dovesse accadere "non esiterei ad andarmene". È il vice presidente del Csm Mancino a dirlo, dopo la pubblicazione di notizie su un suo possibile coinvolgimento nell’inchiesta della procura di Salerno sul tentativo di delegittimare l’ex pm di Catanzaro De Magistris. "Se una campagna di stampa dovesse incidere sulla mia autonomia, non esiterei a togliere l’incomodo - ha aggiunto Mancino - ho sempre operato al servizio delle Istituzioni".
La telefonata "Non ho mai telefonato a Saladino, la chiamata partita da uno dei miei numeri di telefono è stata fatta da un’altra persona, da un rappresentante di Comunione e liberazione, Angelo Arminio, che nel 2001 era nella schiera dei miei collaboratori". Così il vicepresidente del Csm in apertura del plenum di questa mattina, ribadisce di non aver mai avuto rapporti con l’imprenditore Antonio Saladino. "Vivo uno stato di amarezza" ha dichiarato Mancino. "Non so se ci sono inchieste, so solo che qualche quotidiano ha parlato di indagini sulla mia persona, sull’ex pg di Cassazione e sul pg d’udienza disciplinare D’Ambrosio. Nella notizia c’è anche un collegamento a rapporti che avrei avuto con Saladino: non ne ho mai avuti, non lo conosco, mi è stato presentato nel 1985 per un comizio che fece un candidato delle liste Dc e appartenente a Cl, pensavo fosse milanese, non ho mai avuto rapporti con lui".
Il collaboratore Mancino racconta che, alla luce delle notizie di stampa che parlano di una telefonata giunta sul cellulare di Saladino il 30 aprile 2001 da un’utenza a lui intestata, ha consultato le sue agende di allora e ha fatto indagini, scoprendo così che "quella conversazione è stata fatta da un’altra persona, Angelo Arminio". "Nel 2001 - ha ricordato ancora Mancino - ho cessato di fare il presidente del Senato, e quel collaboratore ha smesso di far parte della mia segreteria". Inoltre, a quel tempo "De Magistris non era ancora destinato a Catanzaro" ha osservato il vicepresidente del Csm, "dove è andato solo nel 2002. Si fa tanto clamore, dunque - ha concluso - per una telefonata che non ho fatto".
Solidarietà del Csm "Solidarietà" al vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, ma anche "preoccupazione" per gli "attacchi" che vengono rivolti all’organo di autogoverno della magistratura, attraverso l’indagine della procura di Salerno su un presunto complotto ai danni dell’ex pm catanzarese De Magistris. Sono stati questi toni a caratterizzare gli interventi di alcuni consiglieri durante il plenum a Palazzo dei Marescialli, che hanno preso la parola dopo lo sfogo di Mancino. "C’è un attacco fortissimo al Csm come istituzione costituzionale" ha denunciato Giuseppe Maria Berruti, togato di Unicost, convinto che quanto sta accadendo sia il frutto di "un mix oggettivo di cattivi magistrati e di cattivi politici che rifiutano i percorsi della democrazia. C’è un attacco al sistema delle regole - ha insistito - e ci sono magistrati che guardano con sospetto al sistema dei controlli". "Siamo preoccupati - ha fatto eco Ciro Riviezzo, togato del Movimento per la giustizia - per il momento delicato che vivono le istituzioni, il Csm in particolare. È in atto una campagna che cerca di delegittimare il Consiglio".
Veltroni solidale con Mancino Il segretario del Pd, Walter Veltroni, esprime "piena solidarietà e stima al vicepresidente del Csm cha ha svolto e svolge il suo alto e difficile incarico con equilibrio e senso delle istituzioni, in questo momento in cui è oggetto di una fuga di notizie incontrollata e priva di qualsiasi riscontro". "L`autorità giudiziaria - aggiunge in una nota, riferendosi all’inchiesta di Salerno sul caso De Magistris - svolga fino in fondo il suo lavoro ma lo faccia con equilibrio e in modo da salvaguardare la segretezza delle indagini impedendo così la delegittimazione dell`operato delle persone, delle istituzioni e anche della magistratura. E va sottolineata l'importante solidarietà giunta al vicepresidente Mancino dall'intero Csm".
Berlusconi: "Cose che non devono accadere" Quanto sta avvenendo tra le procure di Catanzaro e Salerno "sono cose che non devono accadere". Lo ha detto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, aggiungendo che "su ciò che sta avvenendo nella magistratura credo che il Csm si appresti ad intervenire".
La preoccupazione dell'Anm "Oggi siamo sgomenti e preoccupati per quanto sta accadendo. Ciò che è in gioco è la credibilità della funzione giudiziaria". Lo sottolineano il presidente dell’Anm Luca Palamara e il segretario Giuseppe Cascini, che chiedono a "tutti il rigoroso rispetto delle regole".
"Ci sarà tempo per una compiuta valutazione del merito delle singole vicende sulla base della conoscenza degli atti e delle loro motivazioni", dicono Palamara e Cascini. Ma "in questo delicato momento non possiamo che chiedere a tutti il massimo senso delle istituzioni e il rigoroso rispetto delle regole unico fondamento dello svolgimento della funzione giudiziaria".