Caso Dell’Utri, altro che fair play

Nelle feste patronali, di solito, coi fuochi d’artificio, i botti più fragorosi, quelli che fanno tremare e vetri e frastornano i turisti, arrivano alla fine. Nella campagna elettorale si segue la stessa logica ed ecco che esplode, nel venerdì che precede la cosiddetta pausa di riflessione, lo scandalo artificioso dei brogli programmati per il voto degli italiani all’estero. Bella bufala, suggestiva, fascinosa, sorretta da alcune di quelle intercettazioni che non significano nulla e dovrebbero giustificare tutto. Mafie, ’ndrangheta, connection tessute sulle rotte della tradizionale emigrazione italiana di tanto tempo fa: un concentrato di menzogne evanescenti sparate contro il centrodestra, contro il PdL dato per vincitore nella prossima consultazione elettorale.
Chi ha sparato questo botto che, nelle intenzioni degli artiglieri, dovrebbe avere una funzione rilevante nella competizione elettorale? A rispondere correttamente non si vince nessun premio, tanto la faccenda è scontata. Sono i pubblici ministeri della cavalleria togata, quella che corre sempre in soccorso della sinistra. Quella magistratura che vagheggia per l’Italia un futuro progressista e «guidato», un soporifero e immanente avvenire regolato dai nuovi demiurghi, unici sacerdoti autorizzati a fissare e interpretare le regole della civile convivenza.
I pubblici ministeri di cui parliamo si ritengono un corpo d’élite della società italiana, pericolosamente tentata, contro il loro parere, da ispirazioni liberali e modelli da ceto medio con venature di borghesia. Sono i pm che si ritengono i migliori interpreti dell’aspirazione alla felicità della società nostra e che tuttavia non perdono il «vizietto» di entrare a gamba tesa nel campo della politica.
Veltroni è alle corde, la sua pioggia di promesse assistenziali non ha inumidito nemmeno un poco l’humus delle intenzioni di voto e allora i pm d’assalto corrono in soccorso del perditore annunciato. Altro che fair play, i politici consumati, di mestiere, come Veltroni, lasciano il lavoro più sgradevole alla cavalleria togata. Che pretende di schiudere gli occhi agli elettori con le stesse tecniche pavloviane con cui si erudiscono i pupi. Che pretende di selezionare una classe politica contrassegnata dal pensiero unico e pronta a seguire alla lettera le indicazioni di una minoranza appartenente all’ordine giudiziario.
Contro Marcello Dell’Utri, colpevole di avere contribuito alla nascita di Forza Italia, e quindi del PdL, esiste tutta una letteratura giudiziaria improbabile e fantasiosa.
Bisogna anche ricordare che la cavalleria togata non opera da sola. Si avvale della collaborazione fattiva e coordinata di ascari-giornalisti, pronti a raccogliere e amplificare la portata propagandistica delle inchieste politicamente sensibili. La Repubblica ieri ha ingigantito e propalato il botto da altri organizzato con quel talento per l’orologeria che fa onore alla Svizzera e disonore all’Italia.


Anche gli esponenti della sinistra si sono rifiutati di masticare la polpetta confezionata dai pasdaran della funzione giudiziaria. Gli elettori, per quel che li riguarda, hanno già capito tutto. Senza contare che di brogli all’estero, dopo l’esperienza del 2006, la sinistra non può proprio parlare.

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