Il caso Gargano approda all’Ue

Il vicepresidente del Ppe Antonio Tajani ha presentato un’interrogazione alla Commissione europea sul caso di Giulio Gargano, il consigliere regionale di Forza Italia del Lazio arrestato nell’ambito dell’inchiesta nata dalle rivelazioni di «Lady Asl». Il caso Gargano è stato già sollevato con un’altra interrogazione al Senato, perché tutte le persone coinvolte a vario titolo nell’inchiesta sono state rimesse in libertà o hanno ottenuto i domiciliari. L’assurdo di questa vicenda è nel fatto che, se Gargano, nella peggiore delle ipotesi, fosse ritenuto responsabile delle accuse mossegli e condannato, tornerebbe immediatamente con l’indulto. Nella sua interrogazione, Tajani fa riferimento all’articolo 1 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea sull’inviolabilità della dignità umana e fa notare che «nella grande maggioranza degli ordinamenti costituzionali europei - tra cui l’Italia - la carcerazione preventiva è disposta a norma di legge soltanto quando a carico dell’indagato sussistono gravi indizi di colpevolezza e tende a porre rimedio a uno stato di pericolosità attuale». Tajani rileva inoltre che «questo comportamento è palesemente contrario agli articoli 273 e 275.4 bis del Codice di procedura penale italiano, oltre che del già citato articolo 5.1 della Cedu; - che, anche qualora intervenisse condanna per le ipotesi di reato a lui ascritte, la condanna non produrrebbe effetti poiché è stata approvato - con legge 241 del 2006 - un indulto per i reati commessi fino al 31 maggio 2006».

Tutto ciò premesso - chiede il vicepresidente del Ppe - «non ritiene la Commissione che il comportamento dell’autorità giudiziaria italiana sia in contrasto con le norme comunitarie e in particolare con gli articoli 5 e successivi della Cedu, oltre che con le disposizioni di legge dell’ordinamento italiano? Cosa intende fare - chiede infine Tajani - per porre rimedio a questa violazione della libertà personale e della dignità umana»?

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