Il caso L’artista e le tele perdute

C’è qualcosa di peggio che perdere l’uomo che si ama e il proprio padre. È scoprire che le sue opere di grande artista sono state rovinate dall’incuria di chi doveva valorizzarle. È quanto succede alla famiglia di Claudio Costa, pittore genovese noto in tutto il mondo, scomparso prematuramente nel 1995. Anita Zeiro e Marisol Costa, moglie e figlia del pittore che ha esposto a Berlino, alla Documenta di Kassel, alla Biennale di Venezia e a Palazzo Reale di Milano, mostrano le fotografie delle meravigliose tele consegnate dieci anni fa al Comune di Verona per un deposito gratuito di dieci anni. Le opere, oggi, non ci sono più. O, peggio, ci sono ma rovinate dall’umidità, corrose dalla muffa, sciolte dal calore dei lucernari. Per esempio «Gli occhi dei maori riflettono i colori latenti delle foresta» è del 1973: ciò che ne resta, come ha scritto Andrea Priante, il giornalista del Corriere di Verona che ha scoperto il caso, «è un grumo informe di colore». Era stato valutato 307mila euro, adesso è corroso e ingiallito dall’umidità. Cosa è accaduto? Lo spiega Anita, moglie dell’artista che racconta come la scoperta del degrado dei capolavori del marito sia stato un colpo «da infarto».

«Nel 1997 avevamo consegnato 118 opere, che erano prima custodite nell’atelier di mio marito a Quarto, alla galleria di Arte Moderna di Palazzo Forti, a Verona - spiega - a testimoniarlo c’è una delibera approvata dalla giunta comunale di allora (...)

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