Caso Meredith, "Amanda non è Jessica Rabbit" E per la difesa è innocente come Raffaele

Ripreso il processo d’appello a Perugia per l'omicidio della studentessa inglese. I difensori della Knox e di Sollecito all’attacco: non combaciano orari, modalità e tracce lasciate nella casa dove fu uccisa Meredith. La Bongiorno: "Amanda era una giovane donna innamorata, non una femme fatale"

Caso Meredith, "Amanda non è Jessica Rabbit" 
E per la difesa è innocente come Raffaele

Perugia La parola alla difesa. «Amanda Knox era una giovane donna innamorata, che ha semplicemente mostrato immaturità e ingenuità ai tempi dell’omicidio». Stavolta non è il suo avvocato ad arringare davanti ai giudici della Corte d’assise d’appello di Perugia. Ma il legale del suo ex fidanzato e coimputato Raffaele Sollecito.

Difende lei per scagionare il suo assistito. Si parla ancora, e ormai da quasi quattro anni, di Meredith, di un omicidio che secondo l’accusa ha tre colpevoli, nessun reo confesso e ancora tanti, troppi dubbi.
«La Knox è stata trasformata nella “Venere in pelliccia” (per la cronaca titolo di un romanzo erotico 1870 dello scrittore austriaco Leopold von Sacher-Masoch (ndr) - attacca Giulia Bongiorno-. Io credo che in questi anni si sia fatto un ritratto deformato di Amanda, trasfigurandola, disegnandola come Jessica Rabbit, cioè come un personaggio dominatrice, mangiatrice di uomini, ma in realtà lei non è così».

Adesso la descrivono «speranzosa e fiduciosa» in attesa della sentenza. Lo racconta il deputato umbro del Pdl Rocco Girlanda, presidente onorario della Fondazione Italia-Usa, che con la giovane di Seattle tiene da tempo rapporti epistolari. Lui ne è certo: «Dopo la perizia che ha smontato il lavoro svolto dalla polizia scientifica la giovane è tranquilla. Se la sentenza di appello dovesse ribaltare quanto deciso in primo grado e assolverla, Amanda già guarda al suo ritorno in America».

Sull’altro fronte attacca il difensore dell’ingegnere di Giovanazzo, all’epoca dei fatti ancora studente. «Quel coltello non può essere l’arma del delitto», sostiene Luca Maori. «Ce lo ha spiegato il nostro consulente, prof. Introna, dicendo che quelle ferite non potevano essere attribuite a quel coltello, perché ce ne sono due a sinistra sul collo di Meredith, entrambe con il tramite di 8 centimetri. La lama di quel coltello invece è di 17 centimetri e mezzo», ha argomentato il legale perugino.

In aula parla per metafora. L’indagine? «Un’idra con sette teste. «La caratteristica principale di questo mostro mitologico era che quando veniva tagliata una testa ne spuntava subito un’altra». Questo sarebbe avvenuto nell’inchiesta. «Quando veniva scoperta un’orma, poi un’altra, spuntava un testimone, poi un altro. È tutto un tagliare, morire e nascere: è stata una costante del processo».

Anche a lui tocca difendere Amanda. In mezzo, unico vero colpevole (anello debole della catena), c’è Rudy Guede, l’ivoriano fuggito dopo l’omicidio, arrestato, processato e condannato. «Lele e Amanda Knox con gli occhi bionici sono entrati in camera di Meredith Kercher e hanno pulito tutte le loro orme, anche quelle invisibili, in un locale che invece trasuda di tracce di Rudy», ironizza Maori. «Operazione impossibile».

Poi si rigioca la partita degli orari. Quando fu uccisa Mez? Nemmeno i periti sono riusciti a dare una risposta certa.

Meredith Kercher, secondo la difesa sarebbe stata colpita intorno alle 21, massimo le 21.30. Dunque in un orario in cui Lele non si trovava in via della Pergola, ma nella sua abitazione.

L’accusa ha chiesto qualche giorno fa l’ergastolo per i due ragazzi. Qualunque sentenza dividerà ancora le coscienze.

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