Il caso Musso «Traditore o unica nostra speranza?»

Caro Lussana, ho letto con attenzione la lettera del senatore Musso cui il Giornale ha dato giustamente risalto nell’edizione del 28/12. A mio avviso, il senatore tratta l’episodio della sua astensione alla votazione del 14/12 alla fiducia al Governo (astensione che al Senato significa voto contrario), almeno in parte, con dei sofismi. Sofismi bene arzigogolati (vedi le ripetute citazioni colte) ma sofismi.
Così, la verità ne esce, a mio parere, un po’ annebbiata. Vorrei dunque cercare di rischiarala, ma così, in soldoni, come penso la grande maggioranza della gente gradisca venga trattato un grave argomento del genere.
Il Senatore fonda il suo ragionamento sulla sua volontà di rappresentare gl’interessi dei suoi elettori. E questo secondo coscienza.
Ma ricordo che, grazie alla vigente legge elettorale, Enrico Musso è stato di fatto collocato in Senato, sia pure attraverso il voto degli elettori, direttamente dalla segreteria del Pdl. Ne segue che egli avrebbe dovuto sì tenere d’occhio i presunti orientamenti degli elettori, ma soprattutto le aspettative del partito. Tanto più in un momento estremamente delicato per il Governo e per il Paese.
E poi chi gli diceva che il grosso del suo elettorato (come abbiamo visto, prima del Pdl che suo) era d’accordo di buttar giù il Governo?
Musso ne fa una questione di coscienza. Benissimo. Ma non le pare che, detto con tutto il rispetto, sarebbe stato bene che essa, subito dopo il voto contrario, gli avesse suggerito, come passo conseguente ed inevitabile, di dimettersi tout-court da senatore?
Lui afferma di averle offerte le sue dimissioni (in precedenza mi pare) ricevendo un fermo invito a ritirarle. Ma naturalmente perché votasse a favore del governo, non certo perché cercasse di contribuire ad abbatterlo.
Ancora: non capisco che tipo di nuovo governo avesse in mente il Senatore dopo aver escluso l’opportunità di elezioni anticipate. Un indecente governicchio tecnico/politico di tutte le opposizioni con a sua volta una maggioranza ristrettissima? O un governo di «larghe intese» includente lo stesso Pdl con probabile rottura dell’asse con la Lega e col ribrezzo da parte dei suoi cari elettori?
Ed anche se uno di questi due nuovi governi avesse potuto concentrarsi, cosa gli faceva pensare che avrebbe performato meglio del precedente governo voluto dagli elettori?
Insomma doveva essere già allora chiaro - ora è chiarissimo - che al governo Berlusconi non c’era e non c’è alternativa. Abbatterlo avrebbe potuto essere estremamente dannoso per il Paese. Verità conclamata in sostanza dallo stesso Presidente della Repubblica e giù giù da tutti quelli che non hanno smarrito il buon senso. Creda, Lussana, mi duole di aver scritto quello che ho scritto.
Fin dalla sua discesa sull’arena politica, io avevo creduto in Enrico Musso individuando in lui, sia pure con qualche riserva - quel cavallo di razza che a noi moderati liguri mancava. Ma ora, anche se il governo ha superato l’ennesima severa prova, il suo comportamento pesa negativamente su due fronti: quello nazionale per aver egli indirettamente spalleggiato le opposizioni ed i «frondisti» sempre più accaniti contro Berlusconi; quello genovese per averci tolto - forse - la possibilità e la speranza di liberarci finalmente della oppressiva amministrazione rossa. Insomma il cavallo di razza rimane ma è come imbizzarrito, al punto da smarrire la strada maestra. Peccato.
222
Alle elezioni politiche del 2008, anno in cui Enrico Musso fu candidato ed eletto in Senato, il Pdl in Liguria aveva ottenuto 353mila voti. Alle elezioni regionali del 2010, pur a fronte di un maggior astensionismo complessivo, era sceso a 218mila. Degli elettori Pdl del 2008 ben 135mila (il 38%!), dopo meno di due anni, non lo hanno rivotato. Nelle elezioni comunali di Genova del 2007 il candidato del centrodestra Musso ottenne 142mila voti. I partiti che lo sostenevano ne ottennero, complessivamente, 112mila. Da questi dati sembra emergere che Enrico Musso in un certo senso rappresenti, o comunque dia voce ad una robusta fetta di elettori di centro destra che, strada facendo, non hanno approvato e non approvano le scelte del Popolo della Libertà, sia centrali che locali, di questi due anni. Sarebbe stato invece opportuno che la dirigenza Pdl ligure tentasse una minima analisi del voto regionale, del quale ha avuto sicuramente più di una responsabilità. Ma il bullismo politico di questi tempi non lo consente. Si è preferito da tempo cercare di deviare l'attenzione dei cittadini e dei lettori di qualche quotidiano dedicandosi all'attacco costante di colui che mette in risalto i veri limiti della politica di centro destra.
Il gruppo locale dei «tosti», desiderosi di accreditarsi «fra quelli che contano» nelle stanze della distribuzione, preferisce parlare degli altri per mascherare la misura di se stessi, sperando di continuare a ricavarsi posti e stipendi all'ombra delle vittorie di Berlusconi. Sono quelli della vecchia politica che i Cittadini non vogliono più, tranne qualche centinaio di tifosi. Il Pdl Ligure non merita Enrico Musso. Ma Genova si.
Giovanni (trixy18@hotmail.com)
222
Caro direttore, usciamo, per un attimo, dalle vicende del senatore e anche da Genova. Che non è l'ombelico del mondo! Ho già scritto come Musso più che i voti della sinistra aveva preso i voti del centro. E questo è decisivo, a Genova, per vincere. Per il profilo del candidato sindaco e la linea politica del Pdl. Gli elettori di sinistra possono guardare con simpatia a certi candidati della sola destra, più difficilmente votarli, possono guardare con ancora più simpatia a candidati del centro-destra, forse questi secondi votarli. Ma i voti, ai candidati moderati, del centro destra, possono arrivare più facilmente dal centro. Per esempio dall'Udc. Comunque veniamo a considerazioni più generali. Si dice che le elezioni generali possono essere imminenti. Che per esse spinge la Lega. Ne avrebbe vantaggi. Il Pdl potrebbe trovarsi, dopo le elezioni, a dover fare i conti, almeno al Senato, con il terzo polo (e l'odiato Fli e il sopportato, a mala pena, soprattutto dalla Lega, Udc).
Se fosse così è stato conveniente concedere, come si è concesso alla Lega, alle elezioni regionali, regioni chiave, che le rimarranno al di là dell' esito elettorale? E dalle quali si possono tessere alleanze anche «strane» in caso di necessità (e non voglio auspicare tradimenti della Lega, non ipotizzati n'è ipotizzabili allo stato dei fatti). Appunto rebus sic stantibus... Ma le elezioni sono, per postulato, spesso il modo perché le cose non siano più sic stantibus...


Allora, Genova non è l'ombelico del mondo e se nel Pdl, nazionale e locale, vi fossero mal di pancia per la linea politica, diciamo di destra-destra, anziché di centro destra anche questo sarebbe tradimento? Se vi sono preoccupazioni per uno schiacciamento sulla destra, preoccupazioni di linea politica, che, poi si esprimono con candidature sbagliate, è tradimento o solo voglia di sano e chiaro, alla luce del sole, di dibattito politico. Senza contestare i principi. Ma non sembra possibile né al centro né in periferia. Possono i «mugugni» di Galan e di altri ridursi a tradimenti o tentativi di tradimento?
Francesco Felis

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica