Economia

Il caso Unipol Banca e quelle garanzie per 500 milioni

I trabocchetti della fusione Unipol-Fonsai: l'azienda di credito del gruppo Ugf può pesare sui margini di solvibilità

Se Sator e Palladio riusciranno o meno a far accettare la propria offerta per Premafin e Fonsai non si sa ancora. Ma di certo la proposta, dopo il cda Premafin di ieri, resta in piedi e alcune banche creditrici sono interessate. Così come lo sono i soci, grandi e piccoli, delle società coinvolte dalla ristrutturazione.
Ma al di là delle procedure, le esclusive e le penali, uno dei punti chiave di questa faccenda riguarda il perimetro industriale-assicurativo e, di conseguenza, finanziario, oggetto della ristrutturazione di Fondiaria-Sai. Ed è in questo quadro che, tra le varie valutazioni, è importante quella di un soggetto apparentemente laterale, ma a ben vedere mica tanto: Unipol Banca.
Nel progetto di fusione Unipol-Premafin-Fonsai (con Milano Assicurazioni), il caso Unipol Banca è importante perché potrebbe pesare sul margine di solvibilità consolidato del futuro gruppo assicurativo. Così almeno appare se si ragiona su alcuni numeri del gruppo Ugf (relativi per ora al 2010). A livello di modello di business, emerge che la raccolta di Unipol Banca è sostenuta finanziariamente dal gruppo per 1,6 miliardi (su un totale di oltre 9 miliardi). Di questi, 340 milioni arrivano dalla holding; 460 milioni da altre entità interne e 800 da Unipol Assicurazioni. Tra l’altro, una parte dei time deposit è garantita dalle maggiori coop di consumo, azioniste stesse del gruppo guidato da Carlo Cimbri, a tassi intorno al 4-5%. Ma quel che più conta è che Ugf, al 30 giugno scorso, risultava aver rilasciato garanzie alla Banca per 547 milioni a fronte di posizioni creditizie che «non dovesse incassare in seguito all’esercizio di tutte le possibili azioni di recupero». Sembra si tratti di operazioni nel settore immobiliare. Quindi, a grandi linee e in altri termini, Unipol Banca si appoggia alle risorse degli assicurati di Ugf sia per la raccolta, sia per alcune garanzie sulle sofferenze. Ecco perché i numeri dell’azienda di credito bolognese sono rilevanti ai fini della due diligence richiesta da Fonsai.
Ma a questi non è stato dato accesso. Eppure non sembra solo una questione di quote di capitale (Unipol Banca è partecipata anche da Unipol Assicurazione), né di valore, ma di margini di solvibilità, perché se quei 547 milioni dovessero essere escussi dalla Banca, la compagnia dovrebbe sottrarli dai margini e, nel caso, integrarli.
E dal momento che il piano Unipol-Fonsai prevede, alla fine dei vari passaggi, il controllo di Ugf su tutto il nuovo gruppo assicurativo ristrutturato, i debiti e le garanzie verrebbero conteggiati automaticamente nel margine di solvibilità consolidato. Per questo la fusione a 3 (+ la Milano) comporta, in linea di principio, un impegno finanziario maggiore di quello strettamente industriale, derivante proprio dalla struttura di Unipol Banca.

Un’azienda di credito non quotata che, fin dai tempi di Giovanni Consorte (che la voleva fondere con Bnl), resta un oggetto un po’ oscuro.
Twitter: @emmezak

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