Cassazione: attenuanti al clandestino se emarginato

Roma - Sentenza choc della Cassazione. In caso di delitti efferati compiuti da immigrati irregolari, ai fini del riconoscimento delle attenuanti generiche, è giusto tenere in considerazione la "giovane età dell' imputato, la sua arretratezza culturale e la sua situazione di emarginazione sociale conseguente allo stato di clandestino". Lo ha stabilito la Prima sezione penale della Suprema Corte bocciando il ricorso del Procuratore generale della Corte d'Assise di Milano che si era opposto al riconoscimento delle attenuanti generiche ad un ventenne clandestino condannato a 17 anni e 4 mesi di reclusione per omicidio e rapina.

La vicenda Nel novembre del 2003 l'imputato uccise un ragazzo italiano rubandogli poi denaro e oggetti. Dalla confessione dell'omicida emerse una particolare efferatezza del delitto: la vittima fu legata e poi uccisa con brutalità. Nonostante le modalità del delitto, nel marzo dello scorso anno, la Corte d'Assise d'Appello di Milano riconobbe le attenuanti generiche, ritenute equivalenti alle aggravanti di crudeltà. Contro la sentenza era ricorso in Cassazione il Pg della corte milanese, convinto che "data l'indifferenza dell'omicida all'agonia della vittima e la brutalità dell' aggressione", non andava riconosciuta alcuna attenuante.

Il verdetto La Suprema Corte (sentenza 957), dopo aver precisato di non potersi pronunciare sul merito della questione perchè "si risolverebbe in una valutazione del fatto", ha rilevato però che il giudice di merito ha opportunamente considerato le attenuanti, tenendo

presente "la giovane età dell' imputato, la sua arretratezza culturale e la sua situazione di emarginazione sociale conseguente allo stato di clandestino, senza uno stabile lavoro e senza uno stabile riferimento in Italia".

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