Roma - La Prima sezione penale della
Cassazione ha confermato la condanna a 30 anni di carcere per il
padre di Hina, Mohammed Saleem accusato di aver ucciso la figlia
a Sarezzo, in provincia di Brescia, l’11 agosto 2006 nella propria abitazione
perchè la ragazza voleva condurre uno stile di vita occidentale
diverso dalle tradizioni della famiglia pachistana.
Confermate anche le condanne a 17 anni nei confronti dei
cognati di Hina, Khalid Mahmood e Zahid Mahmood, che al momento
dell’omicidio si trovavano in casa e avrebbero aiutato il padre
a compiere il delitto.
La condanna La Corte d’assise d’appello di
Brescia il 5 dicembre 2008 con una riforma parziale del processo
di primo grado, aveva condannato a 30 anni di carcere il padre
della ragazza pachistana, Mohammed Saleem che nell’agosto del
2006 aveva inseguito la figlia in casa e accoltellata dopo una
serie di contrasti emersi in famiglia perchè Hina era andata a
convivere con un ragazzo e conduceva uno stile di vita contrario
alle tradizioni della famiglia.
L'omicidio Il corpo di Hina venne ritrovato nel giardino dell’abitazione
di Sarezzo (Brescia) sembra con la testa rivolta alla Mecca. Nel
delitto vennero coinvolti anche i cognati della vittima, Kahlid
Mahmood e Zahid Mahmood che erano poi stati condannati con rito
abbreviato a 17 anni di carcere perchè al momento dell’omicidio
erano presenti, e avevano ostacolato la fuga della ragazza e
aiutato il padre ad occultare il cadavere.
Nell’udienza di oggi la prima sezione penale della
Cassazione, presieduta da Giovanni Silvestri, ha rigettato tutti
i ricorsi presentati dalle difese. Anche il pg della Cassazione,
Francesco Lo Voi, questa mattina nella pubblica udienza aveva
chiesto la conferma delle condanne ritenendo l’omicidio di Hina
un delitto premeditato compiuto "con la volontà di
sopraffazione della vittima come se la figlia appartenesse al
padre".
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