La Cassazione regala l’erede ai boss «Figli in provetta anche col 41bis»

La voglia di paternità non ha confini. E supera le sbarre del carcere duro. Anche i boss detenuti in regime di 41 bis, infatti, hanno diritto di diventare padri. In provetta. Con una sentenza depositata ieri la Cassazione elimina i dubbi dei giudici di sorveglianza dell’Aquila che avevano negato al boss mafioso, Salvatore Madonia, di ricorrere alla fecondazione assistita. E apre un nuovo corso alla possibilità di procreare a distanza per chi è in carcere a vita. In pratica, in caso di problemi di fecondità, il liquido seminale dei detenuti potrà essere portato fuori dal carcere.
La scelta della Cassazione, però, non ha sfiorato i diritti del nascituro e della necessità di essere seguito ed educato attivamente da un padre. I giudici si sono limitati ad affermare i diritti del detenuto.«Il trattamento penitenziario deve essere conforme a umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona», premette la Corte. «E in situazioni come quelle del boss - aggiunge Piazza Cavour - il sacrificio imposto al singolo non deve eccedere quello minimo necessario, e non deve ledere posizioni non sacrificabili in assoluto». Di conseguenza, nei confronti dei detenuti, anche quelli al 41 bis, «non possono essere adottate restrizioni non giustificabili e non indispensabili a fini giudiziari». La Cassazione dunque dà ragione a Madonia e torto al Dap che aveva negato l’autorizzazione al prelievo sostenendo che la legge 40 «postula la massima tutela del nascituro, nel caso concreto non realizzabile data la situazione di detenzione del genitore». Anche Pina Maisano, la vedova dell’imprenditore Libero Grassi, vittima di Madonia, non concede sconti alla Suprema corte. «Non mi fa piacere quello che ha deciso la Cassazione - commenta -. Quell’uomo vuole continuare questa nobile genia e i giudici hanno acconsentito. Io posso solo sperare che questo figlio in provetta venga educato secondo i principi della legalità».
Il messaggio è stato lanciato soprattutto a Mariangela Di Trapani, figlia del capomafia Francesco. Salvatore Madonia l’ha sposata in carcere, il 23 maggio del 1992, lo stesso giorno della strage di Capaci. E sempre con Salvatore ha già concepito un bimbo a distanza. È infatti nato nel 2000 durante la detenzione del boss. Ma allora nessun giudice diede il suo consenso alla fecondazione. E il concepimento resta avvolto nel mistero. Altro mistero avvolge i figli avuti a distanza dai boss Filippo e Giuseppe Graviano, detenuti dal ’94 perché condannati per l’uccisione di Padre Pino Puglisi. Le loro mogli partorirono due bimbi in una clinica di Nizza. Ma c’è chi ha concepito in provetta col benestare del ministero della Giustizia. Prima ci fu un «uomo d’onore» catanese. Seguì Raffaele Cutolo, che il 20 ottobre del 2007 diventò papà grazie a inseminazione. La figlia è la prima e unica erede dell’ex capo della camorra, condannato a nove ergastoli.

L’autorizzazione per la fecondazione assistita è stata concessa nel 2001, dopo una battaglia legale iniziata nel 1983. «Morirò in prigione - aveva detto Cutolo in un’intervista - il mio ultimo desiderio è regalare un figlio a mia moglie».

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