Quattro sentenze, una in fila all'altra, pubblicate sul sito della Cassazione: e che raccontano anche visivamente la débâcle inedita della Procura di Milano, sconfitta definitivamente nello scontro innescato dalla sua retata dell'agosto scorso sul fronte dell'Urbanistica. Le richieste di arresto avanzate dall'allora procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e dai suoi pm vennero accolte in blocco dal giudice preliminare Mattia Fiorentini; cinque indagati finirono ai domiciliari, uno, il costruttore Andrea Bezziccheri, addirittura in carcere. Il tribunale del Riesame liberò tutti nelle settimane successive, ma la Procura non si è arresa e si è rivolta alla Cassazione. Risultato: anche stavolta, sconfitta per 6-0.
Nei giorni scorsi era stata depositata la motivazione della Suprema corte sul ricorso che riguardava il più noto degli indagati, il costruttore Manfredi Catella. Ora arrivano in sequenza tutte le altre, emesse sempre dalla stessa sezione, la Sesta, e firmate dal giudice Fabrizio D'Arcangelo (che conosce bene la realtà milanese, avendo lavorato a lungo come giudice preliminare). Le sentenze riguardano - nell'ordine - l'architetto Alessandro Scandurra, il costruttore Andrea Bezziccheri, l'ex assessore Giancarlo Tancredi e l'imprenditore Federico Pella. Per Bezziccheri e Scandurra la Cassazione si limita a confermare le decisioni del Riesame, che aveva revocato qualunque misura a loro carico. Ancora più rilevanti sono i provvedimenti che riguardano invece Pella e Tancredi, cui il Riesame aveva revocato gli arresti ma inflitto l'interdizione dai contatti con la Pubblica amministrazione per un anno, ritenendo che ci fossero gli elementi per accusare il primo di corruzione impropria per i suoi rapporti con un componente della commissione Paesaggio, Giuseppe Marinoni; e il secondo dello stesso reato per aver nominato Marinoni in commissione Paesaggio. Per quanto riguarda i rapporti professionali con Marinoni, cui Pella avrebbe finanziato i progetti Stephenson e Famagosta, la Cassazione esclude che "possano evincersi elementi di illiceità rispetto a progetti coerenti con l'opzione di partenariato pubblico-privato", anche perché "la Commissione Paesaggio non precludeva ai suoi componenti di esercitare la professione".
Anche gli indizi a carico di Tancredi vengono ritenuti del tutto inconsistenti: "Non sono state fornite emergenze probatorie utili a dimostrare l'assunto secondo cui l'interesse di Tancredi a portare avanti determinati progetti urbanistici fosse da considerare espressione della finalità di favorire le speculazioni dei privati, piuttosto che di sostenere delle opere ritenute utili per il risanamento
delle periferie nell'interesse generale della cittadinanza, anche per l'affidamento riposto nella elevata competenza dei professionisti coinvolti". Per l'ex assessore, in sostanza, la Cassazione parla di "vuoto probatorio".