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Casson punta su Roma per tornare a fare il magistrato a Venezia

Il Pm sconfitto da Cacciari nella corsa a sindaco tenta di entrare in una commissione parlamentare per far sì che il «veto» decada

Casson punta su Roma per tornare a fare  il magistrato a Venezia

Anna Maria Greco

da Roma

Felice Casson ama far parlare di sé. Il suo caso torna rumorosamente al Csm, con la richiesta di entrare a far parte della Commissione parlamentare sulle «morti bianche», cioè gli infortuni sul lavoro. Dopo la sconfitta nella corsa a sindaco di Venezia, ad aprile scorso, quando spaccò il centrosinistra candidandosi contro Massimo Cacciari che uscì vittorioso, al magistrato sta stretto evidentemente il ruolo defilato di consigliere comunale. Così cerca di nuovo la ribalta e a Roma, per occuparsi di una materia che gli è sempre stata cara nella sua carriera.
Ma ieri, nel plenum del Consiglio superiore della magistratura, la sua richiesta è stata bloccata ed è stata rinviata in commissione la pratica per nuovi accertamenti. Anche se nessuno lo dice apertamente, c’è il sospetto che questa manovra possa puntare ad aggirare le nuove regole, stabilite da Palazzo de’ Marescialli nella scorsa primavera, che gli impediscono di tornare a indossare la toga come pubblico ministero proprio nel distretto di Venezia, dove ha condotto la sua campagna elettorale e dove ormai la sua posizione politica lo colloca in una posizione di parte.
Casson è stato collocato fuori ruolo quando si è candidato sindaco della Serenissima ed ora fa richiesta di una nuova autorizzazione, senza precisare se vuole continuare a fare il consigliere comunale e insieme il consulente parlamentare o se rinuncia al primo incarico per l’altro.
Caldeggiata dalla corrente di sinistra, Magistratura democratica, la sua pratica pone al Csm un problema del tutto nuovo. L’ultima aspettativa interromperebbe la prima facendo tornare, almeno per un attimo, il Pm d’assalto nel suo ruolo originario e farebbe decadere gli obblighi di rientrare in una nuova sede diversa da quella veneziana e solo nella funzione giudicante? E per evitarlo, non è il caso che il Csm gli faccia scegliere subito la nuova sede e la nuova funzione in attesa che Casson finisca le sue peregrinazioni politiche?
Tra i consiglieri di Magistratura indipendente e i laici del centrodestra c’è preoccupazione. Non si può correre un rischio così grave: sarebbe, infatti, clamoroso che Casson, conclusa la sua esperienza nella Commissione parlamentare tra pochi mesi e cioè allo scioglimento delle Camere, tornasse a fare il pubblico ministero a Venezia o dintorni, con la possibilità di togliersi qualche sassolino di troppo dalle scarpe.
Mentre Giuliana Civinini (Md), presidente della III commissione (competente per trasferimenti, fuori ruolo eccetera), premeva perché l’assemblea desse subito il via libera, Francesco Lo Voi (Mi) insisteva che non c’erano gli elementi per decidere senza fare «pasticci» e creare «equivoci». Già la scorsa settimana la discussione della pratica era stata rinviata al plenum di ieri, ma nel frattempo non si era chiarito proprio nulla. E alla seconda tornata è arrivato lo stop. La situazione è singolare. Nicola Buccico, laico di An, ha ricordato nell’aula Bachelet l’enfasi con la quale Casson ha annunciato, pochi mesi fa, che voleva lasciare la magistratura e che la sua stagione con la toga era finita. E il laico di Fi Giuseppe Di Federico si è chiesto se c’è un’incompatibilità tra lo status di magistrato fuori ruolo e la posizione di membro della commissione parlamentare.
Insomma, si è concluso, prima di autorizzare Casson bisogna capire che cosa vuole fare da grande. Se manterrà o no il mandato elettivo per il quale ha ottenuto la collocazione fuori ruolo, ora che richiede la nuova aspettativa per funzioni non giudiziarie presso le Camere. Per Lo Voi il terreno è minato e una leggerezza potrebbe creare anche pericolosi precedenti per altri. Bisogna riaffermare che, in ogni caso, Casson non potrà svolgere funzioni inquirenti nella sua città e in tutto il distretto. La nuova destinazione non revoca automaticamente quella di consigliere comunale, se l’interessato non rinuncia. E il magistrato-consigliere dovrà dire in quante scarpe vuole tenere i piedi.

E a che gioco gioca.

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