LA CASTA IMPUNITA DEGLI UOMINI D’ORO

Finora avevamo creduto nella celebrata etica protestante, implacabile e severa regolatrice dello spirito del capitalismo. Ora quella convinzione vacilla e anzi crolla. Può il capitalismo essere regolato da una morale, oppure è soltanto una corsa all’oro (o al fallimento) senza regole e sanzioni? È quello che ci chiediamo di fronte alla strabiliante notizia secondo cui l’uomo che è considerato il responsabile del disastro della General Motors, il brillante e sciagurato Rick Wagoner, riceverà una pensioncina di 8,5 milioni di dollari nei prossimi cinque anni. Basti questo dettaglio: dopo essere stato rimosso da Obama e degradato sul campo con uno stipendio simbolico di un dollaro l’anno, Wagoner ora rientra come se niente fosse nel piano pensionistico della società da lui fatta fallire, un piano per soli altissimi papaveri del suo rango: gente che anche quando cade, cade in piedi. Intendiamoci: dal punto di vista amministrativo, legale e contrattuale, il trattamento non fa una piega. Ma dal punto di vista morale?
Leggevamo poi le rivelazioni del Financial Times secondo cui nel settembre 2008, quando la Lehman Brothers fu lasciata fallire e a Wall Street regnava il panico, i dirigenti di Goldman Sachs svendettero a piene mani le azioni della banca per cui lavoravano facendo quattrini a palate con titoli che formano i bonus con cui vengono retribuiti, pari a 691 milioni di dollari. Mentre si svolgeva questo allegro festino, il governo Usa e la Fed mettevano mano al portafoglio pubblico pompando 10 miliardi di dollari dei contribuenti americani. Nel febbraio 2009 altri titoli per 280 milioni di dollari sono stati ceduti dai manager al mercato. Poi di colpo sono tornate le vacche grasse e, dopo i profitti record annunciati per il secondo trimestre 2009, la Goldman Sachs ha annunciato l’accantonamento di 6,65 miliardi di dollari per pagare i bonus ai propri uomini d’oro che sono quasi trentamila, che metteranno in tasca profitti di 226.156 dollari ciascuno, quasi il doppio rispetto ai 129.200 dollari dello stesso periodo 2008. Questa notizia ha provocato un’ondata di proteste furiose sia negli Stati Uniti sia a Londra perché la Goldman Sachs ha fatto profitti, è vero, ma soltanto dopo aver ricevuto una serie di crediti pubblici agevolati per 28 miliardi di dollari, grazie ai quali la crisi è stata affrontata e superata.
Anche in questo caso, come il quello di Wagoner della General Motors, prevale il principio secondo cui gli uomini d’oro restano d’oro anche dopo aver portato le loro barche aziendali al naufragio o dopo essere stati salvati dal naufragio con il concorso dei denari del contribuente il quale, specialmente negli Stati Uniti, è furibondo.
Da Calvino a Lutero, passando per l’Italia. Il viceamministratore delegato della Unicredit, Sergio Ermotti, ha ieri dichiarato alla berlinese Handsblatt che «siccome nel settore dell’investment banking il primo semestre è andato bene, suppongo che quest’anno torneremo a pagare i bonus». Anche qui prevale a quanto sembra l’idea che chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato e scordiamoci del passato, come diceva la vecchia canzone napoletana.
Noi non siamo dei moralisti, ma crediamo che nella gestione del denaro, di tutto il denaro sia pubblico che privato debba esistere e resistere se non un’etica austera, almeno il criterio della decenza. È naturale che le grandi imprese premino i grandi manager che portano grandi risultati. Ma se le grandi imprese premiano modesti manager che hanno portato a casa gravi insuccessi, e poi questi stessi manager tornano a essere premiati mentre la crisi da loro provocata si ripercuote sui cittadini che vedono tagliati compensi e posti di lavoro, allora qualcosa non va. Giustamente in questi anni sono state denunciate le caste che percepiscono emolumenti, vantaggi e privilegi e in genere i riflettori sono stati puntati sulla classe politica. Ma a noi sembra che la sproporzione mostrata da questi eventi e questi trattamenti metta in luce altre caste e altri gravi motivi di preoccupazione in una società che ama rifarsi a principi liberali e liberisti, tipici delle società occidentali, come accade sempre quando viene violata o ignorata o beffata la relazione fra il buon produrre e il ben fare con il ben compensare e premiare.

Oggi si ha l’impressione che esista una casta degli uomini d’oro che, anche quando sono puniti platealmente con uno stipendio simbolico di un dollaro l’anno, restano sempre e comunque a galla incamerando bonus, premi, pensioni dorate e riabilitazioni postume mentre la gente comune tira la cinghia.

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