Castelli: «Basta cavilli Assicuriamo le opere contro i ricorsi al Tar»

da Roma

«I miei uffici mi hanno detto: tu sei matto».
Perché, sottosegretario Castelli?
«Sto studiando soluzioni acrobatiche per trovare soldi per le opere pubbliche. Ho buttato lì idee innovative e stravaganti a Tremonti e Matteoli: per il Nord servono 14 miliardi di euro nel triennio, ma ne abbiano quattro».
E per l’Expo di Milano?
«Mancano due miliardi e mezzo. E poi dobbiamo venire fuori dalla maledizione del Tar. Non c’è opera pubblica che non abbia avuto una sospensiva in Italia».
Non è troppo pretendere di fare tutto adesso dopo anni di immobilismo infrastrutturale?

«Una premessa: da ingegnere sono molto scettico sugli osservatori che fanno calcoli sulle opere pubbliche, gli stessi che denunciano il dramma del buco dell’ozono. Lei sa che fine ha fatto il buco dell’ozono? Doveva ucciderci tutti... Ma è assolutamente vero che l’Italia è stata avvelenata da una cultura di sinistra dopo il ’68 per cui il progetto non è mai quello giusto ma ce n’è sempre un altro... E poi l’effetto Nimby...».
Tutti vogliono le infrastrutture ma nessuno le vuole vicine?
«Come per i rifiuti di Napoli: discarica sì, opera sì, ma Not in my back yard, non nel mio cortile. Inoltre fino agli anni Novanta, la logica era: cominciamo a piantare qualche pilone, tanto poi gli amministratori che verranno saranno obbligati a finire le opere. Così sono nate le opere eterne. E poi abbiamo questa sorta di testo sacro, la bibbia laica che è la Costituzione, che sembrava infallibile ma che ci ha causato un sacco di guai in questo settore».
Per esempio?
«Il diritto dei soggetti interessati a ricorrere al Tribunale amministrativo, chiunque perde una gara d’appalto ricorre al Tar, il Tar è stato un cancro per le opere pubbliche perché ogni volta che il tribunale amministrativo non ha tempo per decidere dice: sospendiamo».
Sta pensando a una limitazione dell’intervento del Tar?
«Stiamo studiando, ci sono delle soluzioni sul tappeto, si tratta di superare questioni di natura costituzionale. Per ora stiamo osservando quanto avviene all’estero, dove ci sono casi in cui ci si assicura sull’opera e si va avanti».
Perché anche nel recente passato molte opere sono rimate ferme al Cipe (il Comitato interministeriale ndr)?
«Il Cipe in realtà con le delibere approvate è molto più avanti dei finanziamenti. La nostra legge obiettivo (del precedente governo Berlusconi, ndr) ha il merito di aver imposto tempi certi per le infrastrutture. A ciò si aggiungono le norme che hanno imposto di appaltare solo lotti funzionali certamente finanziati».
Che disponibilità avete?
«Le infrastrutture indicate come prioritarie nel Dpef sono opere per 120 miliardi. Ce ne sono 50».
Dove troverete le risorse?
«Nella prossima Finanziaria temo cifre terrificanti, ma non ci arrendiamo. Ho avuto rassicurazioni da parte di Tremonti, il Tesoro è con noi. Stiamo pensando a tutti quelli che possono essere strumenti finanziari innovativi al fine di non gravare sulle tasse dello Stato, ma non dico niente, li presenterò all’attenzione del ministro Matteoli».


Ponte sullo Stretto sì, ma solo se si penserà al Nord?
«In realtà il Ponte sullo Stretto viene considerato un simbolo, ma è un’infrastruttura da 5 miliardi, richiede meno del 5% del finanziamento di tutte le opere. Anche il Ponte dovrà sottostare alla legge di trovare fondi privati».

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