Venezia Anche Sergio Castellitto, come Werner Herzog, fa il bis a Venezia 66. Archiviato il film di Rivette in concorso, dove parla in francese, eccolo nei panni di un piccolo borghese napoletano, schiantato dai debiti e malato di febbre del gioco, in "Tris di donne & abiti nuziali" di Vincenzo Terracciano, ieri a Orizzonti. Commedia amarissima, che in altri anni avrebbe potuto portare la firma del Nanni Loy di Mi manda Picone, accolta con calda simpatia qui al Lido. La storia del cinema pullula di giocatori perdenti e incalliti, poveri cristi, spesso irresponsabili, avviati sul piano inclinato della perdizione. Franco Campanella, appunto Castellitto, è uno di questi: baby pensionato (900 euro al mese), gioca a tutto, a poker, ai cavalli, alla roulette, nei luoghi più oscuri di Napoli. Perde sempre, ma ci riprova. E intanto la famiglia (moglie tedesca e due figli trentenni) si ritrova con la luce staccata per morosità. Un «loser», patetico e sbruffone, pure un padre sensibile e affettuoso: ma il destino non gli sarà amico.
Omaggio dichiarato alle commedie di Comencini e Monicelli, il film si lascia vedere volentieri, nonostante spiri unaria daltri tempi, in bilico tra sorriso e tragedia, con un sottotesto noir. «Ho pensato a certi tic, a certi baffi, a certi modi di muovere una mano, soprattutto a un certo modo di recitare che fanno parte del dna del nostro cinema», spiega Castellitto. In effetti, lattore romano si diverte a cesellare questo piccolo-borghese sfigato e buffo, posseduto da un vizio assurdo (ma così diffuso), pronto a mentire a tutti, anche ai suoi familiari, esibendo uninflessione partenopea in cui si sente solo il retrogusto della parlata popolare.
Non poteva mancare, avendo goduto il film di un contributo ministeriale, la polemica sul Fus.
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