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Catalogna, scontro all'ultimo sangue sulla corrida

Barcellona, sfida a colpi di insulti e paragoni azzardati in parlamento fra chi sostiene l'abolizione della Fiesta e chi invece vuole proteggere la tradizione

In Catalogna ormai è scontro all'ultimo sangue. La corrida divide e la lotta è ormai senza esclusione di colpi fra «taurini» e animalisti al parlamento regionale di Barcellona, chiamato a decidere se abolire o meno la corrida. E il dibattito finisce spesso sopra le righe, oltre che sulle prime pagine della stampa spagnola, che si interroga sul futuro di una delle grandi tradizioni della cultura iberica. I deputati catalani hanno iniziato le audizioni di 30 esperti e testimonial dei due fronti, che dureranno fino alla settimana prossima.
Il «Parlament», spaccato sulla questione, in dicembre ha dichiarato ricevibile, per pochi voti di scarto, l'iniziativa di legge popolare della Piattaforma animalista «Prou!» («Basta!»), per l'abolizione della corrida in Catalogna. L'iter sul disegno di legge è ora formalmente avviato, il voto finale è previsto entro l'estate. Gli abolizionisti fanno appello anche al sentimento «catalano» contro un'istituzione «spagnola». Se vincerà il sì, la Catalogna sarà la prima regione della Spagna continentale ad abolire la Fiesta. E l'impatto in tutto il paese sarebbe enorme. È per questo che il dibattito nel «Parlament» è iniziato con toni alpiuttosto forti. L'intervento del filosofo Jesus Moserin, che ha contestato l'appello al rispetto di una grande tradizione spagnola con un parallelo fra corrida e mutilazioni genitali alle donne, ha suscitato una bufera. «Anche l'ablazione e le violenze alle donne sono una tradizione» ha detto, aggiungendo che la corrida è «un sintomo di scarso sviluppo intellettuale». «Lei ci insulta, ci chiama maltrattatori, assassini, ignoranti!» ha replicato il deputato popolare Rafael Luna. L'atmosfera si è scaldata ancora di più con l'intervento della scrittrice Espido Freire, che ha paragonato «la catarsi dei tori» agli episodi in cui «due ragazze attaccano un'altra per picchiarla e filmano la scena con un cellulare». Poi è stata la volta il fisico Jorge Wagesberg, arrivato in aula con coltelli da torero e «banderillas»: «Non fanno male? Certo che fanno male» ha detto spiegando l'effetto delle lame quando penetrano nella carne e nei muscoli, la stoccata finale che arriva al cuore e ai polmoni facendo morire il toro «soffocato dal proprio sangue».
Il fronte «taurino» invece ha fatto appello soprattutto a una visione romantica della tradizione iberica. «La Fiesta è spettacolo di vita, di morte, di rispetto, valori che si stanno perdendo in questa società» ha detto l'ex torero Joselito: «È come il primo amore, nel quale c'è crudeltà e sofferenza, ma che non per questo va abolito». «Togliete l'assedio e lasciateci morire in pace», è sbottato il musicista Salvador Boix, amico del più grande torero del momento, Josè Tomas. In difesa della corrida anche politici del sud della Francia, dove è ancora praticata, che hanno chiesto ai cugini catalani di salvare la Fiesta. Da Madrid sono arrivate reazioni sdegnate. Lo stesso capo dell'opposizione Mariano Rajoy ha definito «inaccettabile» il «paragone odioso» con le mutilazioni alle donne.

E la Regione di Madrid ha subito annunciato che dichiarerà la corrida «Bene di interesse culturale», protetto per legge.

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