Catania, sospetti su un sedicenne

È stato filmato mentre rompeva un lavandino e si portava via i pezzi: proprio con uno di questi sarebbe stato colpito l’ispettore Raciti. Gli inquirenti attendono riscontri dall’esame delle impronte digitali nei bagni e dall’analisi della forma dei tagli nella giacca del morto

Catania, sospetti su un sedicenne

Paolo Di Grazia e Gian Marco Chiocci

Catania - Ha sedici anni il piccolo grande sospettato d’omicidio. A incastrarlo sarebbero le immagini registrate da una telecamera nascosta, piazzata provvidenzialmente tra i corridoi e i bagni dello stadio. Il minorenne sarebbe stato immortalato mentre con altri tre compagni (fermati) distrugge una toilette portandosi via pezzi di lavandino e tubi di ferro, parti che secondo i riscontri effettuati dalla polizia scientifica, potrebbero combaciare con l’arma usata dagli aggressori per colpire a morte l’ispettore Filippo Raciti, arma poi abbandonata in un cassonetto e recuperata nel pomeriggio dalla Squadra Mobile.
Le immagini delle devastazioni nei bagni, al pari di quelle che vedono Raciti subire un colpo al fegato, sarebbero nitide. Per formalizzare l’accusa, però, si aspettano i riscontri scientifici sui tagli della casacca di Raciti (dove al momento risultano solo tracce di sassi) e l’esame delle impronte digitali lasciate dai teppisti nei bagni dell’ex Cibali. Due i gruppi organizzati di ultrà nel mirino, uno di questi appartenenti - forse convinto dai capi ultrà che mal sopportano questa pressione della polizia - avrebbe fatto parziali ammissioni agli investigatori della Squadra mobile contribuendo anche a fare i nomi dei «colleghi» che avrebbero partecipato al corpo a corpo con la squadra di Raciti.
Continuano intanto gli interrogatori e le perquisizioni domiciliari e nelle sedi dei club organizzati. Al momento sono saliti a 34 gli arrestati, tra i quali 11 minorenni. Tutti giovani che, secondo gli investigatori, supportati dalla riprese televisive, sono coinvolti negli incidenti. Si tratta di un lavoro lungo e certosino, come ha sottolineato ieri il procuratore Renato Papa, affidato alla scientifica e per il quale trascorreranno diversi giorni.
Nel corso delle perquisizioni nei covi ultrà, quello più ad alta densità criminale è risultato il covo degli Anr, di viale Castagnola, nel quartiere periferico di Librino. Lì sono stati trovati droga, armi e materiale esplodente. Ieri è però emerso il fatto che le indagini si sono spostate anche negli ambienti dell’estrema destra catanese: perquisizioni sono state eseguite nella sede di Forza Nuova.
È confermato che Raciti è stato colpito mortalmente sotto la curva nord, all’esterno del Massimino. Era di scorta ai tifosi del Palermo il cui arrivo nel settore ospiti era stato annunciato con i telefonini agli ultrà già nello stadio. Raciti e i suoi colleghi sotto la nord, attorno alle 19.05, si sono dunque visti attaccare da due gruppi; quelli che stazionavo all’esterno e quelli che caricavano, uscendo dalla curva. Nel frattempo, dopo l’arresto di lunedì del custode dello stadio Luigi Mannino, della moglie, Grazia Falsaperla e della figlia Angela, per detenzioni in un suo locale di mazze da baseball e biglie di ferro, il Comune di Catania, proprietario dell’impianto, ha sospeso il suo dipendente. Proponendo l’avvio di un provvedimento disciplinare che potrebbe portare l’uomo al licenziamento. Oltre ad aizzare i cani contro i poliziotti durante la perquisizione, secondo le indiscrezioni l’uomo si è rivolto agli agenti, dicendo «siete bastardi da mille euro al mese, dovrebbero ammazzarvi tutti». Le indagini sono servite anche ad approfondire la mappa degli ultrà pericolosi. Il campionato riprende con un altro derby, un’altra partita a rischio.

Per il questore di Messina, Santi Giuffré, il derby col Catania si potrà comunque giocare a porte aperte in sicurezza. «Lo stadio di Messina - spiega - è dotato di tornelli e telecamere, ha buone possibilità di essere dichiarato in regola».

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