Il Cav e il no a Napolitano: "Non allarghiamo al Terzo Polo"

Nell'incontro di ieri tra il premier e il capo dello Stato, Napolitano ha sollecitato soluzioni rapide mettendo sul tavolo, se necessario, l'ipotesi di un altro governo magari allargato ai partiti del Terzo Polo (e dunque con un altro premier). Soluzione che il Cavaliere non prende in considerazione. Intanto il Colle in pressing: riforme subito. E si continua a trattare sulle pensioni

Il Cav e il no a Napolitano: "Non allarghiamo al Terzo Polo"

Il fantasma è quello del 1994, quando la Lega alla fine si sfilò dav­vero e fece cadere il primo governo Berlusconi. Altri tempi, certo. So­prattutto un altro clima e un rapporto tra il Cavaliere e il Senatùr che non era certo saldo come oggi. Ma molti di quelli che ieri erano sedu­ti al tavolo del Consiglio dei ministri sono tornati con la mente a quei giorni, nonostan­te l’ora e passa di riunione a Palaz­zo Chigi non sia stata particolar­mente agitata. Niente scontri,ma il«no»di Um­berto Bossi a un intervento sulle pensioni resta.

Inutile la conversazione mattu­tina con il premier, inutili le riunio­ni che si susseguono a Palazzo Grazioli con un Giulio Tremonti che ieri sera, chissà perché, confi­dava ai suoi colleghi di essere otti­mista sul fatto che «un accordo si troverà». Inutile persino la riunio­ne tra il Cavaliere, Bossi, il mini­stro dell’Economia, Roberto Cal­der­oli e Roberto Maroni che prece­de e fa slittare il Consiglio dei mini­stri.

Qualche spiraglio si apre solo a tarda sera, quando a Palazzo Chi­gi si va avanti con una cena a cui partecipano il premier, i ministri leghisti, Tremonti e Gianni Letta. Con l’intenzione di arrivare co­munque ad un compromesso. D’altra parte, come dice lo stesso Letta aprendo la riunione del Con­siglio dei ministri, «non possiamo certo mandare Silvio allo sbara­glio » in Europa.

Il tempo però stringe. E per ri­spondere alle richieste dell’Ue ci sono ancora ventiquattro ore. Poi, domani Berlusconi dovrà tor­nare a Bruxelles ed illustrare i provvedimenti presi.

Tanto che non è affatto escluso­se l’ impasse persiste - che il pre­mier si presenti al Consiglio euro­peo con il decreto sullo sviluppo e con un generico impegno sulla ri­forma delle pensioni (o magari un disegno di legge invece di un più incisivo decreto).

Così fosse, però, la partita per il Cavaliere sarebbe comunque in salita. Perfino Giorgio Napolitano, in­fatti, pare che nel faccia a faccia di ieri mattina abbia sollecitato solu­zioni rapide mettendo sul tavolo, se necessario, l’ipotesi di un altro governo magari allargato ai parti­ti del Terzo polo ( e dunque con un altro premier).

Soluzione che il Cavaliere non prende affatto in considerazione nonostante ministri a lui molto vi­cini facciano sapere che «se non si trova una soluzione sulle pensio­ni » Berlusconi potrebbe anche de­cidere di fare un passo indietro.

Un’ipotesi che però sembra but­t­ata lì più per fare pressioni su Bos­si e la Lega che perché davvero plausibile.D’altra parte,il Carroc­cio sa bene che se saltasse il banco adesso il rischio concreto sarebbe quello di un governo tecnico che potrebbe rimettere mano all’at­tuale legge elettorale. Che nono­stante venga definita Porcellum dallo stesso Calderoli, ai vertici di via Bellerio - come a quasi tutte le segreterie dei partiti - non dispia­ce affatto.

Berlusconi, insomma, sembra intenzionato a giocare all’attacco comunque vadano le cose doma­ni. Ed è anche questa, forse, la ra­gione della durissima nota di Pa­lazzo Chigi rivolta a Francia e Ger­mania. Un modo per iniziare a mettere i sacchetti di sabbia da­vanti alla trincea visto che in Con­siglio dei ministri è lo stesso pre­mier a raccontare di aver percepi­to in Europa «un clima ostile verso l’Italia».

«Nell’Unione europea- si legge nel comunicato firmato da Berlu­sconi - nessuno è in grado di dare lezioni ai partner, nessuno può au­tonominarsi commissa­r­io e parlare a nome di go­verni eletti e di popoli eu­ropei». «Nessuno ha da temere dalla terza economia Ue e da questo straordinario Paese fondatore»,dice,re­stituendo la palla al mit­tente quando punta il dito contro «la crisi del siste­ma bancario, in particola­re franco-tedesco».

Una risposta - seppure dopo 24 ore- al pressing di Francia e Germania. Non solo per quelle im­magini che hanno fatto il giro del mondo dei sorri­setti tra Sarkozy e la Me­rkel, ma soprattutto per quel clima di accerchia­mento alimentato dai timori che l’Italia possa essere un Paese a ri­schio, per l’Europa e per il mondo.

Un modo per mettere sotto pres­sione non solo Parigi e Berlino ma anche l’Ue. Perché se per la Gre­cia è ipotizzabile un piano di salva­taggio, se davvero saltasse l’Italia significherebbe la fine dell’euro e neanche Francia e Germania pas­serebbero indenni un simile tsu­nami.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica