Roma Appena arriva a Palazzo Grazioli, Silvio Berlusconi suggella con un brindisi il ritorno in piazza San Giovanni due anni dopo la manifestazione che il 2 dicembre 2008 sancì la nascita del Popolo della libertà. Con lui c’è Angelino Alfano e l’unica nota negativa è la bocciatura dell’ennesimo ricorso per riammettere la lista del Pdl nel Lazio. «Hai visto, un’altra volta...», dice amareggiato al Guardasigilli. Il bilancio complessivo della giornata, però, è più che positivo. In primo luogo perché la piazza è piena oltre ogni più rosea previsione, soprattutto dopo che qualche giorno fa a via dell’Umiltà si era iniziato a diffondere un qualche timore. Ma c’è anche un dato politico che a via del Plebiscito non passa inosservato, visto che quello di piazza San Giovanni è il primo grande appuntamento pubblico cui partecipa il premier dopo l’ultimo anno passato a respingere inchieste e gossip. Dopo la querelle sulle veline, il divorzio con la moglie, il Noemigate e le attenzioni di Repubblica, l’inchiesta sui voli di Stato, quella sugli appalti del G8 e su Guido Bertolaso, il pasticcio delle liste e l’ultima lenzuolata di intercettazioni - è il ragionamento del Cavaliere - oggi «ho avuto la prova che la gente è con me» e che «la campagna di delegittimazione non ha funzionato». Per dirla con le parole di Piero Testoni, «l’amore tra Berlusconi e il suo popolo non è stato minimamente scalfito». Così come la sua leadership, perché non passa inosservato il fatto che il Cavaliere resta il «catalizzatore» del popolo del centrodestra, a prescindere dalle assenze. Insomma, pur mancando Gianfranco Fini - mai citato - la piazza si riempie e si sgola. Perfino in un eloquente coro che recita «un presidente, c’è solo un presidente...». Quando poi sul palco sale Umberto Bossi - «un alleato leale, un grande amico a cui mi sento legato non solo da amicizia ma da grande fraterno affetto», dice il premier - gli applausi non si risparmiano. Circostanza che pare faccia storcere il naso a qualche finiano, visto anche che il Senatùr - alla manifestazione del Pdl è solo un ospite - ha pensato bene di affondare colpi sull’immigrazione e sulla «famiglia trasversale». Argomenti su cui Fini ha notoriamente posizioni diverse.
Ed è proprio nei confronti di Bossi che il Cavaliere ha parole di grande affetto anche durante il brindisi a Palazzo Grazioli. Perché, dice ben sapendo quanto per i leghisti potesse essere non elettoralmente opportuna la trasferta romana, oggi si è dimostrato «un vero amico». Elogi anche per il partito, che dopo le difficoltà interne degli ultimi mesi e le beghe delle liste ha dato prova di «grandissima capacità organizzativa». Per i tre coordinatori - Denis Verdini, Ignazio La Russa e Sandro Bondi - sono solo complimenti.
Ma a via del Plebiscito la soddisfazione è anche per i toni usati dal premier in piazza, che sceglie un profilo decisamente più morbido del solito. Nel Pd non colgono la sfumatura se Pier Luigi Bersani definisce quello di Berlusconi «un discorso con più odio che amore», ma rispetto agli ultimi giorni di campagna elettorale il Cavaliere è decisamente prudente. Non rinuncia a puntare il dito contro «quella parte di magistratura politicizzata di sinistra che detta i tempi della campagna elettorale», ma per il resto non ci sono né affondi né colpi a sorpresa. Nonostante fosse proprio piazza San Giovanni il luogo più adatto per galvanizzare l’elettorato di centrodestra in vista del voto. Una scelta ragionata e voluta, su cui hanno pesato anche i consigli di Gianni Letta e Paolo Bonaiuti che insieme a Sestino Giacomoni e Valentino Valentini hanno limato le oltre trenta cartelle di intervento. «Un discorso moderato», lo definisce non a caso il portavoce del premier. Perché Berlusconi - a differenza del solito - limita al minimo i fuori programma e si attiene il più possibile al testo scritto. Anche il Cavaliere, infatti, è convinto che non sia il caso di alzare, soprattutto in una manifestazione di piazza. Un messaggio di responsabilità diretto anche e soprattutto a Giorgio Napolitano in vista del dopo-elezioni.
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