
È morto a 89 anni Ampelio Bucci, pioniere del Verdicchio e figura emblematica del vino marchigiano. Con lui se ne va un uomo che ha saputo trasformare un vitigno locale in un’etichetta di culto, riconosciuta e apprezzata ben oltre i confini italiani.
Nato a Montecarotto nel 1936, marchigiano per radici ma milanese di adozione, Bucci aveva una formazione economica solida: laurea alla Bocconi negli anni Sessanta, docenza universitaria, esperienze nel mondo della moda e del design. Vicepresidente della Domus Academy di Milano, pubblicò anche un saggio sull’impresa guidata dalle idee, a testimonianza di una curiosità intellettuale che spaziava ben oltre l’agricoltura. Ma il destino lo avrebbe ricondotto alla campagna di famiglia, tra Montecarotto, Serra de’ Conti e Pongelli di Ostra Vetere, dove decise di scommettere sul vino.
La sua impresa prese forma negli anni Ottanta con Villa Bucci, cantina che divenne in breve il laboratorio di una rivoluzione. In un’epoca in cui i vini bianchi erano destinati a essere bevuti giovani, Bucci scelse la strada opposta: si convinse e convinse pian piano pubblico e critica che il Verdicchio potesse vivere a lungo, affinarsi e acquistare complessità con gli anni. Fu tra i primi a utilizzare grandi botti di rovere di Slavonia, andando controcorrente rispetto alla moda dilagante delle barrique. Un’idea semplice e radicale insieme, che contribuì a creare uno stile riconoscibile e identitario.
Accanto a lui, per decenni, operò Giorgio Grai, enologo geniale e fumantino con cui il rapporto fu tanto conflittuale quanto produttivo. Dai loro contrasti e dalle loro intuizioni nacque la Riserva Villa Bucci, considerata oggi il più iconico dei Verdicchio, capace di competere con i grandi bianchi internazionali. Non meno significativi furono il Classico, vinificato solo in acciaio, e i due rossi della casa, Pongelli e Villa Bucci Rosso, frutto di vigne di Sangiovese e Montepulciano.
Il suo approccio non era privo di idee eterodosse. Diffidava della mania dei cru e della parcellizzazione borgognona: preferiva assemblare le migliori uve per ottenere continuità e coerenza stilistica. Credeva, inoltre, che la qualità venisse solo da vigne mature, con almeno trent’anni di vita. Principi semplici che hanno reso Villa Bucci un marchio solido e coerente, mai soggetto a mode passeggere.
Il mondo del vino non tardò a riconoscerne il valore. Nel 2021 il Verdicchio Classico Superiore 2019 di Villa Bucci fu inserito da Wine Enthusiast al secondo posto nella classifica mondiale “The Enthusiast 100”, primo vino bianco italiano di sempre. Per Confagricoltura Marche, Bucci è stato un “imprenditore lungimirante” capace di dare lustro non solo al Verdicchio ma all’intero comparto agricolo. E per l’Istituto marchigiano di tutela vini “ha messo una pietra fondamentale per elevare il Verdicchio a un livello di eccellenza riconosciuto a livello internazionale”.
Consapevole del peso degli anni e delle energie sempre più ridotte, nel 2024 Bucci decise di vendere l’azienda, assicurandone però la continuità. La scelta cadde sulla famiglia Veronesi, proprietaria del gruppo Oniverse (ex Calzedonia), che attraverso Oniwines ha rilevato Villa Bucci mantenendo intatto lo staff tecnico, dal braccio destro Gabriele Tanfani all’enologo Gianni Gaspari. “È stato un uomo in grado di contribuire in maniera innovativa e importante alla crescita del vino italiano di qualità – ha detto Federico Veronesi –. Insieme a Grai ha creato il mito del Verdicchio, una leggenda capace di vivere nel tempo”.
Per settant’anni Bucci aveva fatto la spola tra Milano e le Marche, macinando chilometri ogni settimana per seguire famiglia e azienda. Fino a quando ha scelto di garantire a Villa Bucci un futuro indipendente da lui. Lascia un vino che porta la sua impronta e un modello produttivo che resta un punto di riferimento.
Con lui se ne va un imprenditore capace di unire tradizione e visione, un agricoltore con i piedi ben piantati a terra e lo sguardo rivolto lontano.
Ampelio Bucci ha reso il Verdicchio un vino capace di raccontare una terra e la sua storia. Un’eredità destinata a durare, come i suoi bianchi che sfidano il tempo.