Milano - Un gigantesco risarcimento è stato deciso ieri dal tribunale di Milano a favore della Cir di Carlo De Benedetti. A dover versare - immediatamente, secondo la sentenza- settecentocinquantamilioni di euro è la Fininvest, la finanziaria controllata da Silvio Berlusconi e dalla sua famiglia. La colpa della Fininvest, secondo la sentenza milanese, è quella di avere conquistato la casa editrice Mondadori, all’inizio degli anni Novanta, utilizzando armi illecite.
In particolare, la Fininvest avrebbe comprato, attraverso l’avvocato Cesare Previti, la sentenza della Corte d’appello di Roma che il 24 gennaio 1991 - mettendo fine a un lungo scontro tra i due imprenditori - assegnò al gruppo Berlusconi il controllo della casa editrice. Per questo, per la «perdita di chance di un giudizio parziale» l'Ingegnere si vede riconoscere uno dei risarcimenti più alti della storia giudiziaria italiana.
Tutto nasce dalle indagini che il pool Mani pulite a metà degli anni Novanta aveva avviato su una serie di presunti episodi di corruzione all’interno della magistratura romana: tra le sentenze finite nel mirino di Ilda Boccassini - dopo le dichiarazioni di Stefania Ariosto, la «teste Omega» - c’era quella sul caso Mondadori. Due anni fa, erano stati condannati per corruzione Previti e il giudice Vittorio Metta, uno dei tre magistrati che nel 1991 avevano firmato la sentenza Mondadori. E immediatamente la Cir di Carlo De Benedetti era partita lancia in resta, forte della condanna di Previti e Metta, con un’offensiva giudiziaria contro la Fininvest. De Benedetti non chiedeva che gli venisse restituita la casa editrice. Ma pretendeva da Berlusconi il risarcimento dei danni morali e patrimoniali subiti con la perdita della Mondadori: anche se, come è noto, la «guerra di Segrate» si era chiusa in realtà con un armistizio, e la spartizione della casa editrice (a Berlusconi libri e periodici, a De Benedetti Repubblica).«Ma io fui costretto a quell’armistizio- sosteneva l’Ingegnere - da una sentenza ingiusta».
Ieri, dopo mesi di attesa, con un dispositivo depositato di sabato mattina in un tribunale deserto, il giudice civile Raimondo Mesiano dà ragione su tutta la linea a D eBenedetti. Solo un piccolo sconto: 750 milioni invece del miliardo chiesto,mapoi arriveranno anche i danni morali. Il totale, insomma, salirà ancora. E De Benedetti festeggia, «questa sentenza rende giustizia alla società e ai suoi azionisti».
Ma come si è arrivati a questa decisione clamorosa? Le motivazioni non sono ancora state depositate. Ma di sicuro c’è che negli ambienti Fininvest l’esito non era considerato affatto scontato. Tant’è vero che il professorRomano Vaccarella, legale del gruppo del Biscione, reagisce a muso duro: «È una sentenza che fa ribrezzo, evidentemente il codice civile che uso io è diverso da quello impiegato da questo giudice». La sentenza che due anni fa aveva condannato per corruzione il giudice Metta, sostiene Vaccarella, non rendeva affatto automatico il diritto di De Benedetti al risarcimento. «La sentenza Mondadori del 1991 - afferma - fu una sentenza giusta, una decisione giuridicamente ineccepibile. La decisione non fu presa dal solo Metta ma anche da altri due giudici che non sono mai stati incriminati e che nel corso di questo giudizio hanno testimoniato sulla correttezza di quella decisione. De Benedetti ritirò il ricorso in Cassazione e scelse la strada dell’accordo proprio perché sapeva che la sentenza avrebbe retto. Attendo le motivazioni per capire come si siano potuti disinvoltamente aggirare questi dati di fatto».
Reazioni analoghe da partedi Fininvest, che in un comunicato ricorda la soddisfazione con cui nel 1991 De Benedetti salutò l’accordo che metteva fine alla «guerra di Segrate», e l’accordo con cui entrambe le parti rinunciavano a qualunque altra pretesa. Il Biscione ribadisce che la decisione di ieri non è affatto la conseguenza inevitabile della condanna di Metta e Previti: «Al di là della vicenda penale, che presenta tratti assurdi e comunque mai ha riguardato Fininvest (che si limitò a pagare compensi professionali all'avvocato Previti), la sentenza di condanna non dichiara in alcun modo che la sentenza della Corte d’Appello di Roma è ingiusta o illegittima, ma soltanto che il giudice Metta s ifece corrompere».
Scontro, insomma, tutt’altro che chiuso. Fininvest si prepara a un ricorso d’urgenza per evitare che il gruppo De Benedetti possa riscuotere subito il colossale bonus, e poi a dare battaglia in appello. Ma il botto è comunque forte.
E c’è chi, come il senatore del Pdl Francesco Casoli, sostiene che la scelta dei tempi non è stata fortuita: «È molto strano che nel giorno della manifestazione contro la presunta mancanza di libertà d’informazione in Italia, promossa dal gruppo editoriale - partito di DeBenedetti, arrivi il pronunciamento del tribunale di Milano. Una casualità? A pensar male non si sbaglia mai».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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