Roma - Al bivio ci si arriverà davvero a fine gennaio. Quando sarà chiaro se il Cavaliere riuscirà ad allargare la maggioranza quel tanto che basta per sperare di poter concludere la legislatura e stoppare definitivamente il tentativo di smarcamento di una parte della Lega che - in compagnia di Tremonti - insiste senza incertezze sulla via delle elezioni anticipate.
Berlusconi lo sa bene, tanto che anche durante la pausa natalizia non ha mancato di lavorare su centristi e finiani con l’obiettivo di convincere almeno una decina di deputati a sostenere la maggioranza. Un lavoro certosino che potrebbe continuare anche oggi pomeriggio a Roma. Il premier, infatti, è atteso per le undici di mattina nella basilica di Santa Maria degli Angeli per i funerali dell’alpino ucciso in Afghanistan, ma quello che inizialmente doveva essere una visita lampo potrebbe prolungarsi fino a martedì magari con qualche faccia a faccia in quel di Palazzo Grazioli. Il Cavaliere, infatti, non sta gradendo affatto le continue accelerazioni del Carroccio e in particolare di Calderoli che non perde occasione per evocare le urne. E ieri lo avrebbe fatto presente anche a Bossi: così si va a sbattere. Tanto che a tarda sera il Senatùr ci mette una pezza da Ponte di Legno: «Il federalismo passerà, a marzo le elezioni non ci saranno». Un fastidio, quello del premier, che emerge anche dalle parole di Cicchitto. Va bene rivendicare la sollecita approvazione del federalismo - dice il capogruppo del Pdl alla Camera - ma definire il giorno e quasi addirittura l’ora nella quale tutto ciò deve essere fatto vale come «sollecitazione polemica». Traduzione di Osvaldo Napoli: «Calderoli dà l’impressione di cercare pretesti per le elezioni anticipate».
Ed è questo il punto. Berlusconi, infatti, è sempre più convinto che ci sia un pezzo della Lega che sta spingendo per tornare alle urne. Calderoli, ma anche Maroni. Appoggiati da Tremonti con il quale - nonostante la tempestiva smentita arrivata ieri sera da Palazzo Chigi - i rapporti sono piuttosto agitati. O almeno questo racconta il premier nei suoi colloqui privati durante i quali non manca di puntare il dito contro il ministro dell’Economia che insiste per le elezioni anticipate. «Perché con questi numeri non si va avanti», spiega Tremonti ai suoi interlocutori, molti dei quali temono invece che il titolare di Via XX settembre stia già ragionando sul dopo Berlusconi. Se da nuove elezioni dovesse uscire una situazione di stallo, spiega un ministro vicino al Cavaliere, Tremonti - forte del suo ruolo in un momento di crisi e della sponda leghista - sarebbe in pole position per Palazzo Chigi. Ed è in questa direzione che andrebbe il rinsaldato asse tra Calderoli e Maroni che fino a qualche tempo fa no è che si prendessero granché. «Se nel Pdl c’è chi pensa al dopo Berlusconi - spiega rigorosamente off record il ministro di cui sopra - nella Lega c’è chi lavora al dopo Bossi». E se un giorno il Cavaliere fosse costretto a cedere il passo - dando quindi il la alle grandi manovre per ridisegnare gli equilibri interni al centrodestra - è chiaro che anche la leadership del Senatùr nel Carroccio sarebbe messa in discussione.
Quella sulle elezioni anticipate, insomma, da dissenso inizialmente tattico sta diventando una divergenza strategica. Ed è per questo che Berlusconi farà di tutto per allargare la maggioranza alla Camera. Perché, spiega il capogruppo del Pdl al Senato Quagliariello, «se si arrivasse ad avere un margine di 20-25 voti avremmo l’obbligo di provare a governare» e «sono convinto che questo lo sa bene anche la Lega».
Ecco perché Berlusconi è tornato a ragionare sulle dimissioni dei sottosegretari deputati. Non da parlamentari - perché come accadde con i senatori durante l’esecutivo Prodi difficilmente il Parlamento le accoglierebbe -, ma dagli incarichi di governo. Di modo da garantire la presenza a Montecitorio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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