Altro che Cenerentola del girone, appellativo affibbiato agli azzurri dopo il terribile sorteggio di Montecarlo. Il battesimo nel «girone della morte» (Ferguson dixit) ha il sapore dell’impresa almeno quanto quella compiuta dal Milan a Barcellona 24 ore prima e può riempire d’orgoglio i tifosi partenopei. Cinque anni fa il Napoli era ancora in serie B, ieri gli azzurri hanno sfiorato il colpaccio nel tempio del City.
Così il ritorno nell’Europa d’élite diventa una vetrina eccezionale per la squadra di Mazzarri, impressionante per personalità e compattezza di fronte a un avversario che non solo vantava 14 giocatori con esperienza di Champions, ma aveva un biglietto da visita di 4 vittorie e 15 gol segnati in Premier e una Coppa già in bacheca. La cinquina incassata al Camp Nou dai fenomeni del Barça è diventata un ricordo sbiadito, stavolta l’esame è stato superato a pieni voti. Tanto che resta pure il rammarico di un vantaggio, quello di Cavani nato su una delle tante ripartenze del Napoli, durato lo spazio di sei minuti.
Il patron De Laurentiis, che in mattinata era rimasto impressionato dall’Old Trafford (lo stadio dello United) pensando a un restyling del San Paolo nei prossimi anni («ma senza adeguate leggi, il calcio italiano non andrà da nessuna parte»), strabuzza gli occhi di fronte alla sua squadra che gioca a viso aperto contro i «Citizens» dello sceicco Mansour. Difesa ordinata e decisa negli interventi, centrocampo aggressivo, attacco pronto alle ripartenze ma anche al sacrificio di rimanere corto rispetto ai compagni del reparto nevralgico.
Ne viene fuori un match intenso e appassionante, con gli azzurri che dopo venti minuti di ambientamento iniziano a rispondere agli assalti - talvolta sterili - dell’undici di Roberto Mancini. Peccato che il Napoli perda un Lavezzi ispiratissimo dopo nemmeno un’ora: un colpo al tallone toglie dal match uno dei protagonisti principali, capace con un’azione alla Maradona di impallinare i difensori del Manchester e di centrare la traversa, ma anche di regalare giocate importanti per i compagni.
Sulla carta la rosa del City vale tre volte quella azzurra, ma sul campo le parti sembrano invertirsi. Il possesso di palla degli inglesi (alla fine sarà intorno al 70 per cento) stride con le rare occasioni pericolose create da Aguero - abile nel far ammonire quasi tutta la difesa partenopea - e di Dzeko, il cui diagonale sfiora il palo con De Sanctis comunque sulla traiettoria. Con il passare dei minuti il Napoli prende le misure all’avversario, comincia ad affacciarsi dalle parti di Hart e lo fa con ficcanti contropiedi ispirati dal «Pocho». Le scelte iniziali di Mazzarri - Gargano e Zuniga gli inserimenti a centrocampo rispetto all’undici vittorioso a Cesena - si rivelano azzeccate. L’uruguayano detta bene i tempi della manovra azzurra, il colombiano è attento nelle marcature e preciso nei disimpegni.
Quando il tiro di Lavezzi sbatte sulla traversa dopo un’azione personale da applausi, si capisce che il match può prendere una piega positiva per la squadra di Mazzarri che resta in camicia nonostante la temperatura sia di venti gradi inferiore a quella italiana. Yaya Tourè risponde al messaggio del «Pocho» colpendo a sua volta la traversa, facendo capire al Napoli che non saranno ammessi errori.
Ma il canovaccio della ripresa propone una squadra azzurra ancora più vivace e pericolosa. Perso Lavezzi, sostituito da Dzemaili, la squadra di Mazzarri non ripiega nella propria metà campo. Anzi, di fronte a un City sicuramente al di sotto delle attese, prende più volte l’iniziativa. E se Kompany toglie l’urlo dalla gola di Hamsik, deviandogli sulla linea il tiro a botta sicura, Cavani invece fa centro (assist di Maggio) su un micidiale contropiede ben orchestrato dagli azzurri.
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