Roma

Ceccobelli esporta la sua arte a Madrid

«Schiller disse che “l’arte è la mano destra della natura”; è attraverso l’arte che l’umanità potrà cambiare il mondo e il modo di viverlo». È una affermazione di Bruno Ceccobelli, il famoso docente della nostra Accademia delle Belle arti di via di Ripetta, contenuta nel catalogo di una sua mostra a Livorno che precede di poco quella attualmente in corso a Madrid alla galleria Luis Burgos. È stata salutata tra le mostre più importanti dell’anno, allestita con una quindicina di lavori prevalentemente realizzati quest’anno. Le opere sono state felicemente accostate da una letteratura poetica di Juan Carlos Mestre. Il linguaggio della poesia ha sposato felicemente quella del segno e del colore, del legno e del marmo, dell’oro e di quanti altri materiali impiegati dal noto artista di Todi. La mostra spagnola ci ripropone un artista in continua metamorfosi evolutiva, volto al recupero di immagini figurali in un’ottica differenziata dalla sperimentazione del colore e della forma. Vi è l’impiego dell’oro, ad esempio, che si autoannulla nella sua apparente ridondanza «di ricchezza e di bello» per essere impiegato come luce, a volte «prepotente», più spesso esaltante primi piani e profondità prospettiche. Bruno Ceccobelli è uno degli artisti contemporanei più interessanti: le sue prime esperienze di tipo concettuale oggi sono approdate a quel simbolismo spirituale che tutti conoscono. È noto anche per i recuperi di materiali poveri «incastonati e assemblati» nei suoi spazi operativi: oggi ritroviamo quel recupero nel contesto di un discorso nuovo, tendente a restituire dignità a quegli stessi oggetti caduti in disuso e destinati alla dimenticanza e all’abbandono. Particolarmente interessante è l’opera Osiride in marmo Breccia Toscana e Nero Marquinez: uno strano oviparo col becco aquilino con un uovo posto sul capo.

Sembra appartenere a una memoria mitologica, a un misterioso frammento egizio il cui «silenzio» ci giunge come una continuità di un linguaggio, assopito nel tempo che torna a rincorrere i labirinti imperfetti del nostro io.

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