Cei, l’esordio di Bagnasco: "Il decreto sui Dico? Inaccettabile e pericoloso"

Nessun accenno ai temi internazionali e al dibattito politico italiano. Respinte le accuse di ingerenza: "È dovere dei vescovi parlare del matrimonio"

Cei, l’esordio di Bagnasco: "Il decreto sui Dico? Inaccettabile e pericoloso"

Roma - Quello sui Dico è un disegno di legge «inaccettabile sul piano dei principi» e «pericoloso sul piano sociale ed educativo». È un giudizio netto sul ddl del governo che riconosce le coppie di fatto quello contenuto nella prima prolusione del nuovo presidente della Cei, l’arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco. Una prolusione più corta e meno «politica» rispetto a quelle dell’era Ruini: non ci sono accenni alla situazione internazionale, al dibattito sull’Afghanistan, al rapimento di Mastrogiacomo, né sono citati gli altri temi del dibattito politico interno. Sulla valorizzazione della famiglia e sulla sua difesa, la linea però è la stessa.

Bagnasco, che ieri ha aperto i lavori del Consiglio permanente della Cei, il «parlamentino» dei vescovi, definisce «emergente» questo tema. Spiega che l’attenzione della Chiesa su questo argomento «non è in alcun modo sbilanciata né unilaterale», ed è mossa da una preoccupazione «per nulla politica, ma eminentemente pastorale». L’arcivescovo presenta quindi i fondamenti della legge naturale riguardo la famiglia e cita il Concilio, quando ribadisce che il matrimonio «ha stabilità per ordinamento divino» e perciò «questo vincolo sacro, in vista del bene sia dei coniugi e della prole che della società, non dipende dall’arbitrio umano». «Nessuna legge fatta dagli uomini – afferma Bagnasco riprendendo parole di Benedetto XVI – può perciò sovvertire la norma scritta dal Creatore, senza che la società venga drammaticamente ferita».

Il presidente della Cei respinge le accuse di ingerenza, perché è dovere dei vescovi «parlare del matrimonio come invalicabile bene dato agli uomini». Non c’è «sopruso o invadenza di campo», né tantomeno «ricerca di potere temporale», perché «se la Chiesa cercasse il potere, basterebbe imboccare la via facile dell’accondiscendenza». Bisogna invece essere solleciti, aggiunge citando nuovamente Ratzinger «affinché le famiglie più esposte non cedano sotto le pressioni di lobbies capaci di incidere negativamente sui processi legislativi». Parlando più esplicitamente dei Dico, Bagnasco rileva «la convergente, accorata preoccupazione espressa dai vescovi su questo disegno legislativo inaccettabile sul piano dei principi ma anche pericoloso sul piano sociale ed educativo». E registra la preoccupazione che i Dico hanno suscitato «in seno al nostro laicato» appoggiando il «Family Day»: «Si tratterà di una festa della famiglia come è successo anche in altri Paesi, come vescovi non possiamo che apprezzare e incoraggiare questo dinamismo volto al bene comune».

Bagnasco accenna poi alla Nota pastorale sui Dico che il Consiglio permanente discuterà questa settimana, una «parola meditata e impegnativa» che «possa essere di serena, autorevole illuminazione sulle circostanze odierne», e ricorda le parole del Papa di sabato scorso, sulla necessità di guardarsi dal pragmatismo che «giustifica sistematicamente il compromesso sui valori umani essenziali, come se fosse l’inevitabile accettazione di un presunto male minore».
Le prime cinque pagine della prolusione del nuovo presidente della Cei sono quasi un manifesto programmatico: l’arcivescovo di Genova ribadisce di voler valorizzare la collegialità e, in linea con il suo predecessore, attenersi all’idea della Cei presente nello statuto, senza «eccedere o abbondare rispetto a quella struttura di servizio», evitando anche «la burocratizzazione degli uffici e delle commissioni». Bagnasco ha quindi ricordato tutti coloro che lo hanno preceduto, soffermandosi in particolare sul contributo di Camillo Ruini, chiedendogli di continuare a svolgere «quell’opera di animazione culturale» che ha caratterizzato la sua presidenza.


Colpisce, alla fine della prolusione l’invito ai giornalisti a dare la «giusta rilevanza» al comunicato finale del Consiglio permanente, «in quanto resoconto di un qualificato incontro collegiale della nostra conferenza». L’esito della discussione, insomma, non è stato già prestabilito.

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