(...) Intanto lAdriano popolarnazionale, sindaco più futurista (Marinetti mi perdoni) che futuribile, ha approfittato del palco offertogli da Capanna per spiegare il suo programma: abbattere tutti i grattacieli di Milano. Che, par di capire, sono brutti anche quando sono bellissimi, sono brutti perché, semplicemente, sono grattacieli. «La gente si divertirebbe a distruggere» dice. Ma sì, distribuiamo un po di dinamite ai milanesi e, oplà, abbassiamo la skyline della nostra città al quarto, massimo al quinto, piano. Del resto, nellAdrianopensiero, questa non è certo una novità. Anzi, per dirla alla Mourinho, più che un sogno è unossessione. Su cui il cantante, il filosofo, il guru ha guadagnato montagne di soldi. La vena celentanesca anticementificazione ebbe inizio nel lontano 1966 quando il molleggiato presentò al festival di Sanremo «Il ragazzo della via Gluck» («là dove cera lerba ora cè una città») e proseguì nel 1972 con «Un albero di trenta piani» contro la speculazione edilizia («Non ci devi far caso se il cemento ti chiude anche il naso. La nevrosi è di moda») in cui qualcuno ha visto un attacco al Pirellone (appunto di trenta piani), vera pietra miliare dellarchitettura moderna.
Con lintelligenza e lironia da par suo, perfino lamico e collega Giorgio Gaber replicò al qualunquismo celentanesco con unaltra canzone, «La risposta al ragazzo della via Gluck» in cui si racconta di un povero disgraziato che vorrebbe coronare il suo sogno damore ma non può farlo perché non ci sono più case, tutte abbattute per dar spazio agli alberi. («Morta la madre, rimasto solo, pensa alle nozze e alla morosa che già prepara il velo da sposa ed il corredo per la sua casa per quella casa, fitto bloccato, tre lire al mese, spese comprese lui la guardava tutto contento ed aspirava lodor di cemento. Ma quella casa ma quella casa ora non cè più. Ma quella casa ma quella casa lhan buttata giù»).
Già ma che importano questi problemi al sindaco più futurista che futuribile Celentano? Lui vive nella sua bella villa, suppongo immersa nel verde, e i poveri disgraziati che devono accontentarsi di un miniappartamento allottavo piano di qualche spregevole palazzo popolare che si arrangino. Intanto buttiamo giù, poi si vedrà.
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