Cristiano Gatti
da Milano
Il Ragazzo della via Gluck sfuma nella nebbia della sua città, mentre dalle vecchie case di ringhiera i milanesi lo salutano. Luscita carica di suggestione è degna dellentrata e soprattutto del soggiorno in casa Fazio: contro ogni attesa, contro ogni timore, ancora una volta Celentano rompe gli schemi e regala una semplicissima serata di buona televisione.
Niente omelie, nessuna crociata: troppo prevedibili, troppo banali, dopo il cataclisma di Rockpolitik. O forse anche i tribuni ogni tanto sentono il bisogno di prendersi un sabato sera di leggerezza, due chiacchiere e una canzone, tra versi damore e goliardia. Diciamolo: loperazione restituisce un Celentano fresco e naïf, così come tutti lhanno amato, prima di certi guasti provocati dalla sua furia talebana.
Persino il tema di giornata, il più prevedibile e il più scontato, cioè la manifestazione del centrodestra, diventa tuttalpiù unoccasione per quattro risate di stampo bipartisan. Fazio: «Dicono che sei venuto da me per offuscare la manifestazione...». E Celentano: «Ma quando ho deciso, non sapevo niente». Fazio: «E se lavessi saputo?». «Sarei venuto lo stesso: per andare contro la manifestazione».
Sembra linizio di una nuova mina televisiva, già sembra di vedere apparire le prime agenzie di stampa con le reazioni della politica. Ma cè subito la svolta a sorpresa. «Tra laltro io non so nemmeno perché lhanno fatta, questa manifestazione». Fazio: «È contro la Finanziaria». E lui: «Ma allora hanno fatto bene...».
Cerchiobottismo? Non proprio. Celentano è chiaramente, visibilmente in libera uscita. Ha altro per la testa. Ci dà dentro alla grande con i suoi toni surreali, le sue mezze frasi, i suoi silenzi stavolta autoironici. Un paio di cose però vuole dirle, e come al solito non le manda a dire.
La televisione, prima di tutto, questa televisione che dà un immane potere, ma che alla fine incattivisce, chi la fa e anche chi la guarda. Ma pure in questo caso luscita dal tema è ancora giocato sulla comicità: «Cè soltanto uno che non riesce a incattivirsi: Morandi. Ha appena fatto quattro puntate, ma si ritrova più buono di prima. Ha fatto di nuovo un prestito a Pupo. Pupo non voleva, ma lui insiste. Morandi è talmente buono, che se uno rifiuta i suoi gesti diventa cattivo. È capace di strozzarti».
Poi, inzigato da Fazio, il tema della satira a sfondo religioso. In fondo, il passaggio più serio. Celentano non si nega: «Il Vaticano fa male a prendersela. È una cosa bellissima, in questo periodo, ironizzare. Se non è offesa, dovrebbe servire per convincere anche le altre religioni ad essere meno dure... Ci sono barzellette bellissime anche su Gesù. Gesù era un comico. Dio è eternamente giovane, allegro, non è un barbuto triste come si pensa...». Mai così Celentano.
Doverosa anche la concessione al suo credo ecologista, con un attacco surreale agli inceneritori: «Certo, servono a eliminare i rifiuti prodotti dal popolo. I Comuni, tutti, di destra e di sinistra, pensano che eliminando il popolo, non ci saranno più rifiuti».
Solo un guizzo, neanche tanto acido, contro la Rai, quando dice a Fazio: «Qui non siamo mica alla Rai, siamo a Raitre». E sullesplosivo Rockpolitik: «Spero serva da lezione: unaltra volta, la Rai non mi deve concedere carta bianca». E Fazio: «Ma se non te la concedono?». «Certo, non faccio il programma».
La serata di Corso Sempione non soffre di certe pesantezze dei monologhi storici. Fazio e Celentano sembrano affiatati da tempo immemorabile: il gioco delle parti prevede il giovane conduttore impacciato e servile, mentre lospite lo manda in confusione con i suoi tempi e i suoi modi da sbalestrato. Lo schema funziona. Celentano si spende anche come cantante, tre pezzi storici per riannodare il filo della sua lunga storia: Prisencoli-eccetera, Lemozione non ha voce, Storia damore. È talmente in clima da sabato sera - quello classico, non quello da anacoreta in trincea - che subisce e asseconda le incursioni della Littizzetto. Lei è quella che «finalmente posso toccarlo», lui fa il bambolotto preda della maliarda...
Chiusura in dissolvenza, con Celentano e Fazio che escono verso la città. Annunciati prima della trasmissione da un diabolico Blob che riproponeva il monologo di Adriano, nel 91, quando definì il conduttore «ipocrita» sulla questione della donazioni di organi, se ne vanno da vecchi sodali.
Giocando sui mezzi toni, puntando sullironia dautore, più che alla manifestazione di Roma o al Vaticano il loro messaggio finisce singolarmente per rivolgersi ai Crozza e ai Paolo Rossi, smascherando nel modo più clamoroso la vera questione dellattuale stagione comica. Il problema dei Crozza e dei Rossi non è quello che dicono: semplicemente, è che non fanno più ridere.
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