Politica

In cella per sempre l’assassino di Tommy

Le goffe scuse di Alessi in aula: «Non sono stato io a ucciderlo»

da Parma

Molte lacrime e un applauso, fermato dal presidente della Corte d'Assise di Parma Eleonora Fiengo. Così è stata accolta ieri la lettura della sentenza di condanna di primo grado per Mario Alessi e l’ex compagna Antonella Conserva, ritenuti responsabili di avere organizzato il rapimento di Tommaso Onofri, strappato alla sua famiglia a solo 18 mesi dall’abitazione di Casalbaroncolo, nel Parmense, il 2 marzo del 2006, e finito con la morte del piccolo ostaggio.
La corte, dopo 5 ore di camera di consiglio, ha accolto in pieno le richieste dell’accusa: ergastolo e isolamento diurno per due anni per Alessi, che non era in aula, considerato l’esecutore materiale dell’assassinio di Tommy, colpito alla testa con una piccola vanga; 30 anni di reclusione più tre di libertà vigilata per la Conserva, che era in aula. In rito abbreviato, Salvatore Raimondi era già stato condannato a 20 anni per il solo rapimento. Il giudice ha stabilito anche alle provvisionali per le parti civili: 300mila euro ciascuno a genitori e fratelli, 100mila agli zii e ai nonni.
«Il castello accusatorio era inossidabile - ha detto Paolo Onofri, il padre di Tommaso, subito dopo la lettura del verdetto -. Per un verso è una liberazione, anche se la parola fine non arriverà mai». Onofri ha commentato anche l’applauso delle tante persone che hanno assistito alla lettura del verdetto: «È stato uno sfogo spontaneo. È stata la risposta del popolo italiano».
Prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio, Alessi aveva parlato in aula, in un goffo tentativo di chiedere perdono e ribadire la propria innocenza per l’omicidio: «Ho fatto il sequestro - aveva detto rilasciando dichiarazioni spontanee -, ma non ho ucciso io il piccolo Tommy. Ho la coscienza a posto su questo». Rabbiosa la reazione di Paolo Onofri: «Abbiamo toccato il fondo, l’abisso dell’indegnità. Quello di Tommy è un nome che non si deve permettere di far uscire da quella fogna che si ritrova al posto della bocca». Anche la Conserva aveva parlato: «Lo amavo, ho sempre creduto in lui - aveva scandito riferendosi all'ex compagno -. Ora soffro in carcere da innocente». Ma i giudici non le hanno creduto: per loro, è stata lei a cucire i passamontagna indossati da Alessi e Raimondi il giorno del terribile sequestro. E doveva essere lei ad accudire Tommaso durante la prigionia. Ma non ce ne fu bisogno: per un mese le forze dell’ordine di tutta Italia sperarono di ritrovare il bimbo vivo. Ma per Tommy era già troppo tardi. Alessi, preso dal panico dopo aver incrociato un’auto della polizia, l’aveva ucciso subito.

«Sulla Conserva il verdetto è stato inficiato dall’emozione», dice il criminologo Carmelo Lavorino, consulente della difesa, che parla di un caso di «caccia alla strega».

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