In cella lo slavo che ha rischiato di essere linciato alla Magliana

Dimesso dall’ospedale l’albanese che aveva provato a violentare una ventenne per 2 volte

Alessia Marani

È stato rinchiuso a Regina Coeli S.S., l’albanese di 20 anni che martedì sera alla Magliana ha rischiato il linciaggio da parte di un centinaio di persone intervenute per difendere una ventenne che il bruto aveva già tentato di stuprare la sera precedente. Quando gli agenti della volante «10» della Questura intorno alle 20.30 dell’altro ieri sono arrivati sul posto, lo straniero era a terra, trascinato fin sotto un ponte, riverso in un lago di sangue, il volto tumefatto, i pantaloni già calati e la folla inferocita su di lui pronta a evirarlo e a dargli fuoco. A salvarlo, paradossalmente, è stato proprio l’intervento della polizia a cui la ragazza lunedì, dopo essere scampata alle pesanti avance, si era rivolta per denunciarlo.
Una storia dai contorni agghiaccianti. L’ennesimo tentativo di stupro nella capitale. Protagonista ancora una volta un extracomunitario, vittima una giovane banchista in un forno della zona, molestata la prima volta su un autobus di fronte ad altri passeggeri in quell’occasione, però, rimasti indifferenti. Anita (chiamiamola così, è un nome di fantasia) come tutte le sere, chiusa la saracinesca del negozio, s’incammina verso la fermata del 780 in via dell Magliana. Già da alcuni giorni aveva notato ed era rimasta infastidita da alcuni apprezzamenti poco gentili da parte di un gruppetto di slavi, spesso seduti su un muretto vicino. La commessa aumenta l’incedere del passo. Fa finta di nulla, quando il pullman arriva e spalanca le porte, non vede l’ora di salire e tirare il fiato. Ma, questa volta, S.S. la segue, s’infila come un lampo nel mezzo, subito la raggiunge, le si para davanti, dapprima le sorride poi comincia a palpeggiarla, fino a masturbarsi. Anita rimane di ghiaccio, le parole le si fermano in gola, è dentro un incubo e non sa come uscirne. Quello, non contento, le passa un braccio attorno al collo, la stringe, la obbliga a scendere a una fermata nei pressi dell’Eur. Ma a quel punto, la poveretta trova la forza per reagire, scalcia, si libera dalla morsa e riesce a scappare. È sotto choc, col cellulare chiama a casa. Avverte i familiari poi, tutti assieme, vanno al commissariato Esposizione a sporgere denuncia per la tentata violenza.
Anita è una ragazza forte e al lavoro ci deve andare. Vuole vincere la paura. Non può restare schiava di quell’orribile sensazione. Quel balordo, poi, non avrà di certo il coraggio di ripresentarsi. Invece lui è lì, sempre in strada. Quando la vede le va incontro. Ma Anita grida, urla a squarciagola, lo indica ad alcuni uomini che le passano accanto. «Vi prego - dice - mi è già saltato addosso. È lui, mi vuole violentare». Quelli non perdono tempo, si scagliano sull’albanese. Presto altre decine di persone si accodano ai tre. Trascinano S. S. fino sotto un ponte, qui lo massacrano di calci e pugni. «Bastardo - inveiscono gli italiani - così impari». Ma nel frattempo qualcuno ha avvisato il 113, una manciata di minuti e la pattuglia delle volanti piomba sul posto.

Gli italiani mollano la presa, ai poliziotti non resta che chiamare un’ambulanza. L’albanese, senza fissa dimora, irregolare e con precedenti alle spalle, finisce al San Camillo. Le sue condizioni dapprima appaiono gravi. Ma si riprenderà. Ora è in carcere.

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